Non fermarti. Mai. Un viaggio, un attimo, uno sguardo. Un occhio sovrano: sull’Universo intero. Sulle persone. Sugli sguardi. Uno occhio di riguardo verso noi stessi, nel rispetto di chi ci cammina accanto. Anche noi, come tutti gli abitanti della terra, siamo cittadini di New York. Siamo cittadini del mondo. Non importa camminare tra la folla a qualsiasi ora del giorno o della notte. Non importa che clacson e sirene permeino ogni strada. Non importa che i grattacieli incombano prepotenti sui passanti. Non importa dover fare chilometri su chilometri per spostarsi da un luogo a un altro. Non importa il caldo anomalo né il freddo attanagliante. Non importa avere sempre rumori in sottofondo. A New York c’è silenzio. A New York c’è pace. A New York c’è infinito rispetto umano. Open Mind: questo, è tutta la città. Gente sorridente che corre a lavorare, serenità di approccio tra le persone, luminosità e accoglienza in ogni negozio, ristorante, bar. La professionalità di un mondo che procede molto più velocemente di noi Europei. Tutti sanno cosa stanno facendo e come farlo al meglio. Nessuno si addormenta sugli allori. Tutti desiderano fare meglio, ottenere di più, dimostrare a sé stessi e agli altri di essere “bravi” in ciò che fanno e, per farlo, ci mettono impegno. La dedizione nasce da un’impostazione ordinata degli ambienti. Ondate di passanti si dispongono su file indiane regolari per non intralciare il flusso né dei lavoratori né dei turisti attoniti. Stupendo. Mai visto. Si respira tranquillità. Ci si sente soli sebbene accompagnati da milioni di persone e non è, questa, una sensazione negativa. Anzi. Sentirsi soli a New York significa non avere gli occhi addosso, non essere giudicati. Non essere additati per gli abiti che si indossano e il portone da cui si esce. L’operaio sulla Fifth Avenue con il suo badile e la ruspa in azione non è guardato diversamente dalla signora bene in tacco 12 accompagnata dal portaborse ricoperto dai sacchetti del grande magazzino Saks. Siamo tutti uguali e tutti meritiamo lo stesso rispetto. Eccessivo è il termine migliore per descrivere ogni ambiente. È eccessiva la grandezza di Central Park: un polmone verde nel cuore di cemento, il contrasto per eccellenza: la Pace nel Caos. Eccessive sono le pubblicità appese ai palazzi. Eccessiva è la grandezza delle strade. Eccessivo il numero di negozi e ristoranti. Eccessivo sì, ma non opprimente. New York è un bambino che ha saputo crescere molto ma con criterio. Per crescere bisogna avere cultura e la cultura di New York non è solo l’immensità della città stessa ma l’immensità delle persone che la abitano con tutte le loro infinite diversità. Vivere bene nella Big Apple non è facile. I ricchi possono farlo, gli altri possono solo sognare. Qui, però, hanno la possibilità di provare a realizzare quel sogno. La povertà, purtroppo, è palpabile. All’angolo della strada, sotto un portico ci sono due giovani ragazzi americani, si stanno svegliando, è mattina anche per loro ma il loro letto non sta nell’appartamento da 12 milioni di dollari: dormono per terra, al freddo, sul cemento. Questo non è giusto. Fa male. Siamo a Manhattan. Uno sputo rispetto a tutto ciò che sta “oltre il mare”, un cuore pulsante. Il cuore che vive nel mondo moderno. Il cuore che fa vivere la contemporaneità. Ogni giorno ci si aspetta qualcosa di nuovo e non si viene mai delusi. A New York c’è tutto, ma proprio tutto. Un pensiero mai deluso, un sogno mai dimenticato. Eppure qualcosa ci sarà di sbagliato in tutto questo. No: non c’è. È il motivo per cui il terrorismo non può far altro che colpire, terrorizzare ancora, lanciare il male sulla speranza. Cercare di spaventare l’ineguagliabile forza di una città solida, costruita con solidi valori e gestita da solidi individui. Chi può fermare tutto questo? Solo la globalizzazione sensibile di una politica aperta, che sappia, però, chiudere le proprie ali attorno ai valorosi, lasciando morbida una piuma, per accogliere chi saprà dimostrare di aver capito. Far parte del mondo significa rispettarsi, proprio come New York fa con chiunque la attraversi anche solo da turista. Far parte di qualcosa di globale non significa accogliere chiunque e lasciare spazio all’anarchia. Globale significa Rispetto e Rispetto significa avere la capacità di accettare ed essere accettati, capire ed essere capiti, gestire lasciandosi gestire. New York insegna. Passeggiare a Central Park aiuta a riflettere. Guardare la fiumana di gente per le strade concede un attimo di serenità. Siamo tutti qui. Siamo tutti uguali. Artefici e vittime di uno stesso destino. Non dobbiamo avere paura; è sopravvissuto anche Kevin in “Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York”, 1992, tutti noi possiamo farlo. Open Mind, ribadisco: ho detto tutto.

 

Arianna Forni

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