The Greatest Coat – La follia di essere felici

Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.

Giustizia mosse il mio alto fattore;
fecemi la divina podestate,
la somma sapïenza e ‘l primo amore.

Dinanzi a me non fuor cose create
se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate’.

(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno III)

Incombenza. Pesantezza. Fatica. Il menhir che abbiamo sulle spalle inizia a pesare parecchio. Gli anni passano, gli impegni si accumulano, le responsabilità aumentano e il tempo, beh, si restringe. Abbiamo una grande capacità di far dilatare le ore del giorno contraendo, fino all’implosione, gli anni solari. Un controsenso. Una verità. Un anno passa in un lampo, mezz’ora al telefono dura secoli. Ogni mattina siamo più stanchi e più stressati, abbiamo milioni di scuse per giustificare la carenza di tempo da dedicare al nostro microcosmo fatto di affetti e sensazioni. Il nostro menhir è la testa che appesantisce la schiena e ci regala tante, troppe preoccupazioni. Ci sentiamo “perduta gente” priva di speranza, in un mondo di “etterno dolore” nella nostra “città dolente”. Proviamo a consolarci con i drammi da scoop lanciati dai telegiornali: “c’è chi sta peggio, mal comune mezzo gaudio”. Fingiamo di saper controllare la paura e la nostra costante alienazione domandandoci come facciano, gli altri, ad essere felici. La felicità è il The Greatest Coat che scegliamo liberamente di indossare; è una nostra scelta, una prerogativa per tutelarsi da ciò che ci circonda, da ciò che non ci piace e non vorremmo mai vedere. È una follia, direte. Folle è colui che decide di vivere con gioia anche nel dolore. Folle è chi trova sempre il lato positivo degli avvenimenti. Folle è chi guarda avanti anche quando il mondo lo porta indietro. Folle è chi attraverso un quadro, un libro, una poesia, riesce a trarre beneficio, insegnamento e predisposizione propositiva al miglioramento. Alienazione e Frustrazione sono due personaggi molto vivi nella nostra contemporaneità ma se possono vivere è solo perché qualcuno glielo permette. Vanno combattute, vinte e segregate lontano da qui. I folli possono farlo. I folli di passione per la vita. I folli, sì, tutti coloro che non vogliono più soffrire per colpa d’altri. La follia di essere felici è un sorriso sul volto di un bambino in un giorno di pioggia. È la gioia nelle cose semplici, in una stretta di mano, in un incontro inaspettato e piacevole, in un “Ciao, come stai?” detto con interesse da parte di un amico. La gioia è quella pioggia che scaccia la siccità di questi giorni difficili riportando rigoglioso splendore. Non siate aridi. La pioggia tornerà sempre a bagnare i nostri campi incolti portando nuovi raccolti. Ogni minuto speso a studiare ha l’equivalenza di una goccia di pioggia: potremmo risvegliare il mondo dal torpore. Potremmo tornare ad essere folli, ad essere felici.

[…]piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella”
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.

(G. D’Annunzio “La Pioggia nel Pineto”)

Arianna Forni

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