La barzelletta del Liceo Breve
La riflessione è doverosa; sconvolgente ma doverosa. Adulti di tutto il mondo unitevi: braccia conserte, lutto ben visibile e sospiri di circostanza. Abbiamo creato l’atmosfera per commentare, mestamente, la notizia di oggi. Ben 100 scuole in tutta Italia, incentivate dalla “geniale” intuizione della Ministra dell’Istruzione Stefania Giannini (Governo Renzi), poi sostituita dalla Ministra Valeria Fedeli (Governo Gentiloni), a loro volta precedute, nel 2013, dall’allora Ministra Maria Chiara Carrozza (Governo Letta), hanno aderito alla sperimentazione del Liceo Breve. – silenzio tombale, per piacere, rintocco di campane a morto, lacrime, grazie -. Facciamo un piccolo passo indietro. Nel 2004 è stato abolito l’esame di quinta elementare, considerato alla stregua di un patibolo per bambini, una tortura abominevole che gli avrebbe provocato danni nella crescita psicologica e incompatibilità, rigetto e odio verso la società in cui si sarebbero dovuti inserire. La speranza grazie alla quale si è presa questa decisione era, probabilmente, quella di tenerli lontanissimi dal mondo in cui viviamo. Sarebbe auspicabile ma purtroppo…va beh. “Alle elementari e alle medie tutti promossi per legge” titolava Repubblica il 30 Agosto 2017. – silenzio in aula, niente risatine, restiamo seri e manteniamo l’ordine, non è una barzelletta – In pratica hanno votato una liberalizzazione del bullismo contro i professori aprendo le porte alla “voglia di studiare saltami addosso”. Ora, dopo queste doverose premesse, possiamo tornare al Liceo Breve. Quattro anni e non cinque, tutto questo per lasciare che i ragazzi si liberino del gravoso peso scolastico al compimento dell’agognata maggiore età. Diciott’anni di stupidera, di incidenti in auto, discoteche a non finire, canne nei giardinetti, mode improponibili, proteste in famiglia, presunzione spasmodica, zero idee, “ormai per legge faccio quello che voglio” e, statemi bene a sentire, Maturità. -rintocco di campane e lacrime più forti, grazie -. Bene. E ora? Serve altro?
Ridurre non è una soluzione per uniformarsi al resto d’Europa. All’estero le cose funzionano molto diversamente. Fatevi un giro prima di sparare a zero e fare delle considerazioni totalmente fuori luogo. Continuare a concedere, permettere e regalare non è un incentivo a comportarsi bene. Lasciare che gli insegnanti si presentino a scuola con le infradito e le magliette senza maniche non è un modo per trasmettere decoro ed eleganza. Proviamo a fare qualche passo indietro per andare finalmente avanti e progredire. Tutto questo non esiste. Mi domando che traumi abbiano, effettivamente, avuto questi fenomeni dalla legge facile e concessiva. Sono allibita.
Io ho fatto l’esame di quinta elementare e lo ricordo con gioia, mi ero divertita da matti e non sono rimasta scioccata. Alcuni miei amici, bontà loro, sono stati bocciati alle medie, hanno ripetuto l’anno dopo essersi presi qualche “scapaccione” dai genitori e anche dagli stessi professori, ora sono laureati e perfettamente inseriti nel mondo del lavoro. Ho sostenuto l’esame di maturità a 19 anni senza sentirmi in ritardo per il business, per l’università, per fare un anno sabbatico..per niente. Sono venuta su “dritta come un pino” come direbbe il padre di una mia amica d’infanzia. Quindi? Stiamo scherzando o siamo seri? Io sono scioccata, sconcertata. Probabilmente sono legata a stereotipi del passato o della mia educazione, eppure lo studio è la base di qualsiasi successo sociale e personale. Si parla tanto di problemi istituzionali nel ramo dell’istruzione e poi cerchiamo di risolverli dicendo ai ragazzi: “ma sì..sentitevi liberi di fare come meglio credete, non serve studiare”. Pensiamo di cambiare il mondo? Di trovare una chiave di volta a questa grande crisi? La crisi non è più solo economica. La crisi è, prima di tutto, culturale. Andate a studiare, via. Poi andate a lavorare ma almeno avrete delle basi certe che solo le scuole serie possono dare. Sapete cosa mi fa ancora più sorridere, per non piangere? Che il mio Liceo sia uno dei 100 prescelti per la sperimentazione, pensare che quei cinque anni sono stati i più formanti di tutti i miei 30.
Arianna Forni