Applause for Terrific

William Turner “Incendio al palazzo del parlamento” 1834

“Titanic” 1997, il Film del disastro per eccellenza; “Pearl Harbor” 2001, il Film di guerra per eccellenza; “Arancia meccanica” 1971, il Film del dramma esistenziale per eccellenza. Botteghini straripanti, un pubblico scrosciante, un entusiasmo dilagante tra la folla. L’umanità applaude l’immagine cruenta delle lacrime degli altri. L’estraneo ai fatti è attratto dal Terrific. Le notizie più lette riguardano omicidi, morti, suicidi, malattie, guerre. Il Male fa audience. William Turner lo aveva capito già nel 1834 quando colse l’occasione dell’incendio al Palazzo del Parlamento per dipingere un’opera che avrebbe fatto storia. Il sentimento di terrore emerge dalla cupa vivacità dei colori, da quel fuoco che avvolge il Parlamento di Londra. Il cinismo del popolo trapela dalla folla entusiasta nel guardare quello spettacolo agghiacciante dalle sponde del Tamigi, dalla comoda e sicura postazione sul ponte di Westminster. Lo stesso Turner ha partecipato allo spettacolo, ha guardato con i suoi occhi la sua Londra bruciare proprio come il mondo osserva, dall’alto della propria posizione privilegiata, i drammi dei popoli. Il Dolore fa parlare, lo scoop regala argomenti di discussione e eleva gli animi. Le opinioni più svariate riempiono le sale, i bar e i media globali; quanto più il disastro è grande tanto più se ne discute. Non è sbagliato ma nemmeno totalmente giusto. Le vie di mezzo sarebbero una condizione politically correct ma è più facile abbandonarsi al trasporto emozionale piuttosto che riflettere. Allora il disastro serve a qualcosa. Crea interesse. È accattivante. Il rovescio della medaglia sta proprio in questo: se un dramma è tanto cliccato allora la sua mancanza potrebbe provocare una perdita di popolarità. La mente del mondo moderno cerca il macabro e il risultato finale non può essere altro che provocarne altro, sempre di più, sempre più grave. Tanto quanto l’adrenalina porta dipendenza fino alla morte allo stesso modo il masochismo mediatico regala aspettativa. Non si può farne a meno. L’arte lo insegna. Turner ha saputo immortalare l’istante perfetto per raccontare una storia, un vissuto personale che avvicina l’artista al sentimento del popolo. Lui stesso era attratto da quel fuoco, lui stesso sapeva quanto grave fosse un incendio di quella portata, lui stesso, probabilmente, stava provando soddisfazione per trovarsi lì in quell’istante e avere qualcosa di forte da ritrarre in una delle sue opere. Non succede nulla di diverso, al giorno d’oggi. Ogni volta che capita un avvenimento drammatico c’è qualcuno presente, qualcuno che, prima di altri, riesce a filmare gli attimi Terrific e terrificanti di quel disastro. Reporter improvvisati e giornalisti della domenica pronti a postare qualcosa che sconvolga le folle e gli porti gli stessi attimi di notorietà. Un disastro dura quel che dura, poi finisce, per fortuna, e bisogna ricostruire; un post resta per sempre ma chi lo guarda dimenticherà presto. Serve altro. Qualcosa di più drammatico. Ci si domanda dove finisca il confine tra Bene e Male, d’altra parte, se il Bene è la cosa giusta non può fare notizia.

Arianna Forni

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