Moments of being
Virginia Adeline Woolf (1882-1941), o Wolf che dir si voglia: una donna dalle mille sfaccettature psicologiche, perfettamente inserita nel contesto dell’alta sfera sociale londinese della sua epoca. Ci troviamo tra la fine dell’800 e gli inizi del 900. La moda inizia a prendere piede, le feste sono all’ordine del giorno, l’eleganza, lo sfarzo e gli eccessi sono un biglietto da visita per raccontare sé stessi. Si scelgono le compagnie in base al ceto di appartenenza. Si cerca sempre, ad ogni costo, di farsi riconoscere per i propri hobby e le passioni quotidiane: i cavalli, le gite fuori porta, la passione per il teatro e gli abiti costosi, le ville, gli interessi culturali e le frivolezze dei ricchi. Si tralasciano, però, le sofferenze spirituali, la depressione, gli esaurimenti nervosi e ci si concetra solo sull’apparenza fine a sé stessa. Virginia è l’emblema del male di questo secolo, ben riconosciuto in tutta l’Europa fine ottocentesca; per fare un esempio è bene ricordare Marcel Proust e il suo “à la recherche du temps perdu”. Si viene, così, catapultati in un contesto di benessere apparente, avvolto da una sofferenza spirituale profonda che porta, la stessa Woolf, a tentare più volte il suicidio. Il 28 marzo del 1941, appunto, porrà fine alla sua vita, gettandosi nel fiume Ouse con le tasche piene di sassi. Una degna fine per una letterata totalmente immersa nella globalità del suo momento storico.
Affascinante. Sprezzante. Dalla forza inenarrabile. I suoi romanzi sono uno specchio dal riflesso nitido e finemente realistico del suo tempo d’appartenenza. Apparire. L’apparenza: caratteristica fondamentale per riuscire a farsi accettare da un ambiente sottile e soporifero, identificativo di uno status sociale ricercato. Farne parte è obbligatorio. Bisogna farsi riconoscere. Possedere, Avere e Mostrare. Potere. Ricchezza. Bellezza. Dall’alto del proprio piedistallo dorato: dominare la plebe senza sporcarsi di mediocrità. Snobismo. Così, immancabilmente ingessati nei propri dictat, nasce l’immenso infinito e inguaribile cattivo tempo: la depressione. Condizione di angoscia arbitraria. La cura, in fin dei conti, è un delicato modo di raccontare storie: attraverso i Moments of Being.
Tutto ciò che ci ricorda momenti, immagini e sensazioni legate al nostro passato è, in definitiva, un nostro Moments of Being. Una canzone può scatenarlo. Un luogo. Un sapore. Un odore. Una persona. Un indumento. Un negozio. Un libro. Una parola. Un’emozione. Una strada. Qualsiasi cosa può essere un veicolo di rimembranza positiva o negativa, delicata o potente, concreta o astratta. Ogni nostra giornata è costruita attorno a dei Moments of Being; più o meno frequenti che siano, denotano un approccio propositivo o distruttivo nei confronti delle varie attività quotidiane. Un bambino che tocca il fondo del ferro da stiro bollente con la sua tenera manina si scotterà inesorabilmente; sentirà bruciare, a lungo, ogni volta che gli capiterà di incrociare l’attrezzo infernale: questo è un esempio concreto di Moments of Being. Vale, però, per qualsiasi cosa e si manifesta a qualsiasi età. Più ci si avvicina alla vecchiaia e più potenti saranno i Moments of Being perchè più numerose saranno le rimembranze, perchè più incisivi saranno i ricordi.
“Mrs Dalloway”, Virginia Woolf, pubblicato nel 1925 è il libro che incarna alla perfezione il senso di Moments of Being. Un capolavoro costruito sulla corrispondenza tra ricordo (reso vivo attraverso il moments of being) e attulità. Bellissimo. La protagonista Clarissa, personificazione di Virginia stessa, vive e racconta, attraverso delle sensazioni, tutta un’epoca. L’apparenza, mistificata dal dolore provocato dai continui Moments of Being, equivale all’intima alienazione dell’essere umano. Apparenza è tutto. Apparenza è lo staus soggettivo sul quale, oggi, poggiano le casse dei chirurghi plastici e degli stilisti. Ricordiamoci, però, che i Moments of Being incombono pesanti e pensanti su ognuno di noi per domandarci, con insistenza: sei davvero appagato dalla tua apparenza? Sei unico, irripetibile e magnifico. Adesso, ora. Equilibrio. Prima di tutto lascia trasparire le tue emozioni.
Non vorrai certo sembrare:
“Rigido, lo scheletro dell’abitudine sostiene da solo la struttura umana. E dentro non c’è nulla […]”
Arianna Forni