Riferimento alle opere di GIORGIO DE CHIRICO “CANTO D’AMORE” 1914
e RENE’ MAGRITTE “LA TAHISON DES IMAGES” 1928/’29
Lo sconforto provocato dalla Prima Guerra Mondiale era grande. Non c’era controllo. La disperazione era dietro l’angolo. Le donne restavano senza mariti, i bambini senza padri, le scuole senza alunni. La situazione era pesante. Bisognava trovare qualche appiglio a cui agganciarsi per tirare un sospiro di sollievo che aiutasse ad andare avanti. L’espressione artistica, in questo contesto, ha saputo rendere merito allo spirito umano volto alla sopravvivenza e non all’aberrazione. Alcuni rappresentanti dell’alta sfera sociale decisero di dedicare la loro esistenza a raccontare stati d’animo attraverso tele dalla bellezza inenarrabile. Giorgio de Chirico, ad esempio, ha completamente rovesciato il modo di fare arte, addentrandosi in meccanismi, allegorici e complessi, fuori dagli schemi, classicheggianti e accademici, dei suoi colleghi. Surrealismo e Metafisica. Due concetti chiave per affiancarsi all’opera del maestro. Il surrealismo è avvicinarsi all’inavvicinabile, è allontanarsi dal conscio per addentrarsi nell’inconscio riconosciuto come il solo a possedere la realtà del mondo e delle sensazioni. Tutto ciò che non rientra nel tangibile è surreale: i sogni, il sonnambulismo, il pensiero della mente nell’alienazione del mondo reale, le allucinazioni. Surreale è accostare una sensazione del passato al presente: tremendamente discordante. Surreale è vedere qualcosa che esiste nella mente umana ma, concretamente, non c’è. La metafisica, invece, è la rappresentazione concreta di ciò che non può essere reale; è una realtà oltre il tangibile. La metafisica si presenta come un sesto senso umano, supera la materialità della comprensione per elevarsi a un grado superiore di ragionamento. Può sviluppare intelletto e sensibilità avvicinando il più intimo desiderio di conoscenza ad una volontà superiore di apertura mentale. La metafisica pone, su diversi piani, oggetti concreti rendendoli astratti. La gigante testa di Apollo, simbolo classicheggiante della storia dell’arte, accanto a un enorme guanto rosso, forse da chirurgo, inchiodato a una parete, inutile sul piano architettonico della piazza dipinta da De Chirico, di fronte a una sproporzionata palla verde e, sullo sfondo, dietro un muretto di mattoni rossi, un treno in corsa sovrastato dal fumo della locomotiva: assurdo. Surreale e Metafisico. L’accostamento di antico e moderno, classicismo e avanguardia, fanciullesco e tecnologico; elementi discordanti che, insieme, formano un’immagine di agghiacciante bellezza. Riflessione. Non distogliere lo sguardo dalla tela, focalizzati sugli oggetti e lasciati trasportare dalle tue emozioni. Guarda oltre. Vedrai la tua immobile modernità.
Giorgio De Chirico: un artista tanto amato quanto criticato e incompreso. Ha lasciato a bocca aperta tanti, troppi, dei suoi colleghi dell’epoca. Ha coinvolto e fatto commuovere artisti di tutto il mondo e un pubblico innumerevole di cultori dell’arte ma anche curiosi, attratti più dal vernissage che dall’esposizione stessa. Ha saputo arrivare al sesto senso di ognuno di noi: alla metafisica che vive nelle menti aperte del nostri giorni. Uno in particolare, però, ha pianto lacrime di gioia osservando il suo “Canto d’amore”. René Magritte, un suo contemporaneo dalla inaudita sensibilità artistica. Ha deciso di abbandonare le dottrine accademiche per avvicinarsi totalmente allo spirito surrealista di questa grande opera, ricca di significati ed elementi nuovi sui quali ragionare. Nel 1928, infatti, Magritte realizza un’opera vicina al concetto di assurdo (siluppato tra l’inizio e la metà del Novecento) ma con un potente significato: il condizionamento dato dall’imposizione di regole d’immagine può essere superato. “La tahison des images” – ceci n’est pas une pipe. Insomma: è o non è una pipa? Un surrealista risponderebbe: è una pipa solo se tu, uomo moderno, desideri vederci una pipa, altrimenti potrebbe essere qualsiasi altra cosa. Si tratta della rappresentazione che la nostra mente decide di dare ad un oggetto specifico esulando dalla definizione stereotipata di esso. Ovvero: la dottrina insegna a vivere e ad osservare la concretezza del nostro spazio e del nostro routinario quotidiano; la fantasia, dote misticheggiante della nostra mente, permette di guardare oltre e superare la concretezza materiale per raggiungere il grado metafisico di pensiero. La sensazione.
Complesso e piacevole. Distante da ciò a cui siamo abituati. Vicino a quello che vorremmo trovare. Libertà. Libertà di espressione. Libertà di scelta. La cosa fondamentale è mantenere un certo aplomb grazie ad un’univoca conoscenza, utile ad essere inseriti nel mondo in cui viviamo. Si può osservare la pipa chiedendosi se possa essere qualcosa d’altro. Per inserirsi nel sociale, però, sarebbe fondamentale sapere con certezza che quella pipa è proprio una pipa.
Arianna Forni