Riferimento all’opera di PIETRO PERUGINO, “LA CONSEGNA DELLE CHIAVI”, 1481/’82

La religione. Ci stiamo addentrando in un meandro che, per molti, è come la kryptonite per Superman. Vedo già orde di lettori contorcersi sul pavimento, bava alla bocca e lamenti in aramaico antico, alla ricerca di un bravo esoricosta. La scena si ripete: basta parlare di cultura, secolare o contemoreanea, e l’italano medio, sguarnito di congiuntivi, si dilegua tra la folla sperando di non essere notato. Questa è l’immagine più emblematica, sarcastica e sociale, di cui si può godere dall’alto della cattedra dei saggi. Padre Nostro, dacci la forza di risparmiare i “vivi” e occupati, ahimé, Tu stesso, di giudicare i “morti”.

Sisto IV interpellò il Perugino affinché si occuppasse di affrescare l’Antica Basilica Vaticana. L’immagine sarebbe dovuata essere solenne e religiosa allo stesso tempo. Doveva dare importanza ed essere concettualmente imponente. Così è stato. Questo affresco raffigura un vero e proprio passaggio di scettro, rappresentato dallo scambio delle chiavi, tra Gesù e San Pietro. Una sorta di elezione religiosa a successore. Colui che, solo, avrà l’onere e l’onore di guidare un popolo. Solo lui, San Pietro, sta per raccogliere l’ereditià più pesante in assoluto e sa di non poter sbagliare. La costruizione, maniacalmetene prospettica, entro la quale viene dipinta la scena, è di primaria importanza. L’incombenza suprema nell’ordine divino: l’unione fa la forza, la coesione comporta univoci intenti di buona sopravvivenza. Schemi schematizzati, reali, stabiliti dalla matematica. Colui che accoglie con entusiasmo e orgoglio la pesantezza della responsabilità più grande è, di per sé, Santo. San Pietro. In ginocchio davanti a Gesù, a stento alza lo sguardo quasi cercando approvazione, consiglio, sicurezza, illuminazione. Niente. Solo le chiavi, gigantesche e pensanti. Le chiavi della vita che potrebbero, per errore, trasformarsi in morte; in una vita terrena fatta di un indefinidible futuro. Una folla assiste alla scena, un tripudio di gioia e commozione, un momento di giubilo. La consapevolezza che nulla sta per finire. L’inizio sta conducento verso un seguito in crescendo. Responsabilità. Sembra la nostra società, l’unica differenza sta proprio nel passaggio di comanda: si sa da dove parte, e non sempre sono le mani più sicure, e non si sa dove possa giungere, spesso ci si avvicina alla fine drammatica di qualsaiasi governo degli ultimi anni. Abbiamo perso solenittà ma, soprattutto, sono le responsabilità ad aver perso di valore. Responsabilità è un termine che non possiede più un grande significato. Resta solo una parola, aulica quando serve, e intercalante nel resto dei casi. Preoccupante.

Quel San Pietro timoroso raccoglie una chiave ben più importante rispetto a quella della sala mensa del Quirinale. Con quella chiave, San Pietro, avrebbe dovuto dar da mangiare a tutto un popolo di sofferenti; oggi, con una stessa chiave, tecnologicamente all’avanguardia, basterebbe dar da mangirare, parlando in modo metaforico, agli italiani che ne hanno bisogno. “Sospendiamo” qualche caffè in più e mettiamo ordine prospettico nelle nostre vie. Fermiamoci a meditare. Sono certa che quel Gesù e quel San Pietro avranno ancora voglia di correre in soccorso di un popolo incattivito dalla sua stessa confusione, dalla sua stessa ignoranza.

Siamo Resposabili.

Arianna Forni

 

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