“And when the brokenhearted people living in the world agree
There will be an answer: let it be
For though they may be parted, there is still a chance that they will see
There will be an answer: let it be”

(The Beatles, 8 Maggio 1970)

Così sia. Sempre. Soffermarsi sulla possibilità di cambiare il corso delle cose è l’utopia più assurda e stupida che l’uomo potesse inventarsi. Viviamo tutti sullo stesso pianeta, divisi ma uniti dai nostri cuori infranti. Infranti da una delusione d’amore, da una perdita, dalla mancanza di un lavoro, dal capriccio di desiderare qualcosa che non possiamo avere. Affranti da noi stessi senza vedere la risposta: così sia. Lascia che il tempo scorra e che faccia il suo dovere. Limitati a far parte del mondo che ti è stato, gentilmente, concesso. La lotta spasmodica dei giovani adolescenti è l’anima e il motore del mondo. “Cambieremo le cose, faremo di più, renderemo questo schifo di posto migliore di quanto non abbiate fatto voi”, sì, issate le vele e via, verso un orizzonte non ben definito, oscurato dalla nebbia, dalle sporadiche tempeste e velatamente reso nitido da un sole grande che acceca anzichè illuminare. State attenti, però, l’uomo non è invincibile. Nessuno lo è, anche se tutti vorrebbero essero. Ognuno di noi è pellegrino di un microcosmo dagli equilibri precari, difficili da capire, figuriamoci da mantenere. Claude Monet (1840-1926) è un pittore francese di un certo spessore, un’icona dell’impressionismo, un maestro del plein air, un guru dell’immagine serena. Il Mahatma Gandhi degli artisti: “Serenità è quando ciò che dici, ciò che pensi, ciò che fai, sono in perfetta armonia” cit. Gandhi. Ecco allora “Lo Stagno delle Ninfee” con quelle sue tonalità di verde, riposante all’occhio, quel suo ponticello giapponese a far da cornice a un laghetto. Ha voluto, così, inserirlo, quasi senza rendersene conto, in un contesto urbano o paesano ma, sicuramente, non isolato. La pace. La serenità di aver detto ciò che pensava mentre lo stava facendo, creando una perfetta e inequivocabile armonia. Questa è la possibilità di creare comprensione negli uomini distanti tra loro, per cultura, etica, ceto sociale, posizione lavorativa, eleganza. Questo significherebbe vivere in un mondo utopico in cui, i ben pensanti, abbiano ricevuto, equamente, le virtù dei forti: la calma e la pazienza. Prima di tutto Let it be, poi studia e documentati, accresci il tuo animo e vedrai che, anche tu, sarai pervaso da una forza travolgente mai immaginata prima. Riguardando per la millesima volta lo stesso Stagno con quelle stesse delicate ninfee vedrai, per la prima volta, con lo sguarda di Monet; con lo sguardo della sapienza. Questo è un punto di partenza per comprendere quali siano i valori, i sentimenti, la capacità di immedesimarsi nel male e nel bene altrui, nel partecipare al dolore tanto quanto alla gioia degli altri. Sono le ninfee di Monet a insegnarcelo. Non scherzo. Guardate. Vi prego. Ora, però, non voglio correre il rischio di essere fraintesa. Condividere e comprendere non significa gettarsi a capofitto nella schiera delle crocerossine. Nessuno può salvare il mondo da solo. Nessuno può rovesciare l’andamento scostante e agghiacciante di alcuni avvenimenti ormai troppo comuni. Possiamo, però, mettere in pratica la nostra sapienza, dotta e sentimentale, proprio nel microcosmo che ci appartiene. Scontrarsi con il globale sarebbe un suicidio ed è, ancora una volta, un artista a mostrarcelo:

umberto boccioni rissa in galleria 1910

Umberto Boccioni, “Rissa in Galleria”, 1910, Galleria Vittorio Emanuele II, a Milano, una folla di persone ha un’estrema, e immotivata, necessità di entrare in un Bar, il Gran Bar Zucca, nessuno si comprende, tutti pensano a sé stessi, tutti lasciano emergere un egocentrismo tipicamente moderno e drasticamente sprezzante. La folla si anima e la rissa ha inizio. Niente di che, direbbe il vecchio saggio “So’ ragazzi”, il problema è che sono gli stessi ragazzi che, al giorno d’oggi, creano le stragi agli stadi, ai concerti, nei teatri, nelle scuole. Ritorno alle ninfee e alla loro reale serenità: basterebbe dedicare cinque minuti al giorno a lasciarsi psicanalizzare dalla quiete di quello stagno, pur restando ignari del reale significato. Il tempo serve a tante cose. Prima di tutto il tempo spiega e se è vero che sul finire dei nostri giorni diventiamo onniscenti, forse prima di sapere proprio tutto sarebbe meglio iniziare a conoscere profondamente almeno qualcosa.

Arianna Forni

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