Era il 1952 quando un toscano, di nome Zeno Colò, ebbe il coraggio e le capacità di insegnare, alla squadra italiana di sci alpino, a vincere anche in Discesa Libera. Conquistò l’Olimpiade di Oslo tra il plauso e lo stupore generale. Ce l’avea fatta davvero. Proprio lui; aveva 32 anni. Era arte, vera arte fisica e spirituale. Era coraggio, grinta, determinazione. Era voglia di non mollare mai.
Da quel giorno anche la discesa libera ha iniziato, passo dopo passo, a farsi strada tra le competenze della Nazionale italiana. Fino ad oggi (a questa notte per essere più precisi) nessuno ci avrebbe mai sperato, eppure anche i sogni, a volte, diventano realtà. Non importa che il fuso orario tra Pyeong Chang e l’Italia sia talmente insostenibile da non regalarci il brivido delle competizioni. Ci svegliamo con il risultato e conta poco aver tifato o meno. Caspita, è triste non poter partecipare alla gara, è sportivamente fastidioso ma è un dato di fatto. Oggi, 21/02/2018, ci siamo svegliati con un bellissimo regalo: la vittoria di Sofia Goggia in discesa libera, prima donna a compiere l’impresa, prima italiana a farcela dopo 66 anni. Non vogliamo commentare la classifica, parlare dei distacchi, misurare i centimetri e i decimi di secondo. Vogliamo ammirare una medaglia, quella d’oro, quella che resta negli annali e non si dimentica mai, diventa parte della storia. Si potrebbe anche chiudere un occhio su quei giornalisti televisivi che sanno pronunciare perfettamente i nomi dei calciatori, di qualsiasi serie, provenienti dai più strani Paesi al mondo, e poi chiamano la Goggia, Gaggia, Gaccia o Gogia. Lasciamo perdere. A prescindere dal nome la medaglia d’oro l’ha vinta lei, onore al merito e tanti complimenti. Questa è disciplina, è dedizione, è impegno, è quella determinazione di cui non si può fare a meno, qualsiasi sia il nostro destino. Il nostro ruolo su questa Terra ce lo creiamo noi e la Goggia, il suo, se l’è creato nel modo giusto.
Io parlo di arte, di cultura dell’arte e, come ho già detto, penso che anche lo sport ne faccia parte in un modo o nell’altro. Penso che chi abbia nella testa l’esecuzione di un perfetto gesto tecnico-atletico debba, per forza, essere un artista e vada premiato per questo. Penso anche un’altra cosa, però, penso che per arrivare a tali livelli di eccellenza sia necessario costruire un bagaglio di esperienza talmente vasto, nutrito e preciso da doversi dedicare, anima e corpo, solo ed esclusivamente ad una cosa: all’apprendimento. Lo sport, in fin dei conti è cultura. Si chiama, per l’appunto, cultura dello sport. Non avremo dei letterati, dei filosofi, dei dotti professori universitari o degli scienziati tra gli atleti ma avremo gente genuina dalla forza d’animo incredibile perché, al freddo e al gelo, chi si ferma è perduto. Sofia Goggia non si è fermata, è tutta la stagione che non si ferma, è tutta la stagione che dimostra di essere la numero uno nella discesa libera femminile. Questo Oro Olimpico, a Pyeong Chang 2018, se lo meritava proprio. Era lei la favorita. E così è stato. Per fortuna, alle volte, ciò che è giusto va proprio laddove dovrebbe stare. Brava Sofia.
Mi viene in mente un quadro di Jean-Baptiste Siméon “La giovane Maestra”, 1735/’36.
Il ragazzino dipinto è il figlio dell’artista; è attento mentre la sua maestra gli insegna la lezione, si vede concentrazione e rispetto verso l’istitutrice. Non a caso il ragazzo è seduto, chino sul quaderno mentre la maestra è in piedi, vicina a lui, lo sguardo gentile e la penna in mano ad indicare quel passaggio su cui concentrarsi. Un’immagine fuori dal nostro comune modo di vedere la scuola. Lontano dal concetto giovanile di rispetto ed educazione ma vicino all’impegno sportivo. Nello sport, volendo ottenere dei risultati, non si può distrarsi o “saltare le lezioni”. Bisogna mettercela tutta, fino allo sfinimento. Vi chiederete cosa possa avere in comune, questa immagine, con un Oro Olimpico. Proprio quello che abbiamo detto poco fa. Lo studio. L’impegno. La dedizione all’apprendimento. Non importa quale sia la tua disciplina o il tuo interesse nella vita e per la vita, la cosa fondamentale è che tu sappia di dover studiare a fondo, al fine di metterti nelle condizioni migliori per poter affrontare tutte le prove che l’esistenza ci impone. Vincere significa avanzare, significa consacrare l’acquisizione di un determinato livello di studio. Vincere non è diverso da superare un esame. A questo punto, con l’alloro tra i capelli, consacriamo un Oro Olimpico alla stregua di un Premio Nobel e inseriamo Sofia Goggia tra le grandi di uno sport minore che, forse, grazie a lei, avrà un briciolo di visibilità in più rispetto a “un altro sport” sempre, immancabilmente, troppo presente. Dovremmo imparare ad equiparare la valenza di un risultato, di un trofeo, di una vittoria a prescindere dalla disciplina. Dovremmo capire che la fatica della Goggia è la stessa dei giocatori di “quell’altro sport”, con la sola differenza che lei non è coperta d’oro, se non quello Olimpico, e non è idolatrata sulle copertine delle riviste in ogni periodo dell’anno. Cerchiamo di darle spazio, almeno adesso, quando se lo merita davvero.
Arianna Forni