“La moda passa, lo stile resta”, Coco Chanel
Eccentrici e vanitosi, plasmabili, virtuosi, orgogliosi, sprezzanti, talmente egocentrici da sentirsi un metro sopra il terreno, dieci gradini sopra la media: modaioli. Legati a quello stile imposto e impositorio che l’arte dello stylish d’alto livello uniforma ad un ambiente top level. Inglesisimi che fanno di me e di voi dei very fashion influencer, dei reali trendy nel new mood di un concept moderno e adeguato ai tempi che corrono. Non restiamo indietro. La Milano Fashion Week è l’apoteosi della versatilità di stile e conoscenze; si basa tutto sul portamento e sulla capacità, oserei dire, geniale, di infilarsi ovunque ci sia un evento, ovunque qualcosa stia sfilando, ovunque compaia un blogger di successo accompagnato dal fotografo di fiducia e da una schiera di damigelle agghindate per l’occasione. Non serve fare nomi, in Italia i migliori sono tre o quattro, forse due, ovvero quelli che seguo io, gli altri scimmiottano e non si può più parlare né di arte né di Santi in Paradiso ma solo di vile denaro e questo a noi non piace. We are in love with elegance and strange things but we are searching for the best one and not only one. Quanto giova l’inglesismo in un contesto così multietinico come l’ambiente della moda. New York, Paris, Milano, centri focali delle sfilate più ricercate al mondo, con gli stilisti più famosi e gli abiti più desiderati e desiderabili. Ammiri, ti stupisci, segui il tuo influencer di fiducia a cui arrivano decine di pacchetti regalo dalle più grandi firme al mondo solo perchè le mostrino all’interno delle loro stories di Instagram. Wow. Chi non vorrebbe fare un lavoro come questo? No, non fate i primitivi, anche voi vi sentireste degli Dei divini e meravigliosamente superiori alla media se solo poteste ricevere un real Moschino o Versace o Chanel o Louis Vuitton o Dolce e Gabbana incartati con annesso bigliettino di ringraziamento, da parte dell’azienda, solo per il fatto di indossarlo e mostrarlo ai vostri followers. Che cultura secolare, che imprinting di livello, che charme. Viviamo in un mondo dove sopravvivono gli opposti: chi troppo e chi niente; chi vive di social marketing, digital marketing, affiliate marketing e conseguenti corsi specifici, con mutuo previsto per l’accesso e l’iscrizione, e chi invece guadagna migliaia di euro indossando capi che gli vengono gentilmente regalati. That’s it but that’s wrong.
Giovanni Boldini aveva dato il via alla scenografia della moda moderna senza nemmeno saperlo. Glielo stiamo dicendo noi, chissà mai decida di ascoltarci dall’aldilà. Le sue donne sono qualcosa di magnifico. Guardate, ad esempio il “Ritratto della Marchesa Casati con levriero”, del 1908, è qualcosa di inaudito, di una stupefacente eleganza. Ha un portamento impeccabile, si riesce a percepire il movimento di quell’abito attorno al corpo skinny della Marchesa e del suo tenero levriero. La perfezione di ciò che oggi compare all’interno di una sfilata di un Antony Rubio, ad esempio:

L’analogia non può che lasciare basiti e perplessi. Ma andiamo avanti, non è finita.
“Madame Marthe”, 1905, sempre di Boldini che rimane, senza ombra di dubbio, l’artista che ha reso la moda di oggi fashion per davvero, senza di lui credo che saremmo ancora qui a vestire i manichini e guardare gli abiti in vetrina. Questa sua Madame è leggiadra nel suo apparire stupefatta di essere còlta proprio in quel momento; lo sguardo attonito le dona maggiore sensualità e quell’imbarazzo, ricercato, la rende ancora più femminile di quanto non sia. Il suo abito è perfetto su di lei, rende in modo impeccabile l’idea di una donna forte ma allo stesso tempo fine e sensibile, vuole mostrarsi ma lo fa con dignità ed eleganza. Una meravigliosa musa di ieri che potrebbe, tranquillamente, sfilare su una passerella di oggi.

Per dimostrarvi quanto appena detto vi mostro un abito di Marchesa, alla New York Fashion Week 2017. Stessa naturalezza, stesso portamento, stessa eleganza, stessa pomposa presenza scenica utile a farsi guardare, notare, vedere ma senza sfociare nella volgarità, rigettata dagli alti ranghi sociali. Bisogna essere belle ma bisogna saperlo fare. un abito per essere perfetto non deve solo essere disegnato bene e cucito bene: deve essere indossato in modo degno, regale, lusinghiero per sé e per chi osserva. Sarebbe come chiedere a una modella di vendere il pesce e viceversa. Senza offesa per entrambe ma il portamento è di una soltanto e non vi sono dubbi su chi sia la vincitrice di codesta ardua sfida.

Proseguiamo con il “Ritratto di Rita de Acosta Lydig”, Giovanni Boldini, del 1911, seduta sulla punta di una poltrona, eretta con la schiena, spalle aperte, leggermente voltata verso il pittore come a chiamare l’attenzione su di sé. L’abito argentato e questo tocco di magia le donano un’aura fantasy ma al contempo estramemente desiderabile.

Potrebbe trattarsi di un backstage prima di una cerimonia importante, di un matrimonio, di una festa di gala. Gli attimi prima della preparazione finale, il riposo per quei piedi stanchi di indossare i tacchi ormai da ore. Non si sa quando sia stata ritratta, si sa solo che ogni pennellata risulti essere perfetta nella resa armonica della moda di quel periodo che, in fin dei conti, non si discosta per nulla da quella di oggi. Infatti abbiamo preparato, proprio a dimostrazione di tale verità, un’immagine di un abito della haute couture di Galia-Lahav. Non servono paragoni, il tutto è già fin troppo evidente.

Da qualche tempo, poi, sono tornati di moda gli abiti sgargianti, colorati; quegli abiti che puoi indossare una volta soltanto perchè la seconda sarebbero “già visti” e in certi ambienti il “già visto” stona come un acuto venuto male. Anche al tempo di Boldini, alcune donne, non si facevano macare il piacere dello shocking come, ad esempio il “Ritratto di Madame Juillard In rosso”, 1912; quel sorrisetto beffardo, quella consapevolezza di aver osato troppo con quel colore davvero impressive e poi? E poi la solita e immancabile capacità di adattamento educato e sensibile verso l’ambiente circostante che sa rendere la donna eccentrica, fine, pudica e gentile tanto quanto quella più angelica e divina.

E così il rosso non passa mai di moda, mai. Il rosso è l’emblema del poter osare di più, dell’andare oltre il consentito restando all’interno dei propri canoni di grandezza femminile e regale. Nemmeno Giorgio Armani è passato indenne dall’abito rosso e nella sfiilata Autunno-Inverno del 2014-2015 troviamo:

Cosa manca in tutto questo per essere davvero perfetti? Forse un cane che accompagna un modello di Trussardi? Abbiamo anche quello e, guarda caso è lo stesso levriero della Marchesa Casati

Ora che il cerchio è stato chiuso non restano che le considerazioni finali. Chi fa moda fa, realmente, un’arte difficile, segue uno schema che non è solo bella sua mente, come nel caso dei pittori, ma sta nella mente di molti, dei suoi futuri acquirenti. Il processo si chiama marketing e la spesa per la presentazione monumentale è giustificata dai ricavi fantasmagorici. Eppure, nonostante arte e denaro non dovrebbero andare insieme, sebbene lo facciano anche nell’arte visiva contemporanea, in questo caso, la moda ha un quid in più perchè sa rendersi appetibile e desiderabile da tutti, anche da chi non ha le possibilità per accedervi. Allora, l’unica soluzione, è cercare l’influencer di fiducia, guardare le Instagram stories e sentirsi parte di un mondo magico a cui non si arriverà mai se non per quei 15 secondi offerti dal social network, 15 secondi di partecipazione emotiva, 15 secondi di sogni concreti, 15 secondi di speranza.
Ricordiamoci una cosa però, perchè per stare nel mood del fashion non basta essere ricchi sfondati, serve altro, serve comprendere un concetto che sta alla base di una vita intera di lavoro: “L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare”, Giorgio Armani.
Arianna Forni