“E con la Vergine in prima fila
E bocca di rosa poco lontano
Si porta a spasso per il paese
L’amore sacro e l’amor profano”
(Fabrizio de André, “Bocca di Rosa”, 1967)
L’arte, lo abbia detto spesso e ribadito altrettanto spesso, genera emozioni e nasce da suggestioni sentimentali degli artisti stessi. L’arte è un connubio tra essenza e essere, tra pensiero e immagine figurativa; l’insieme dei vari elementi formano un prodotto d’affezione, di effettiva esplosione amorosa o distruzione commovente. Lo sviluppo di un prodotto artistico ha visto numerosi stadi evolutivi, nel corso dei secoli, restando sempre espressione, tangibile, di un concetto astratto, fisso e stabile nel cuore e nella mente di un uomo. Quel pensiero, unico perché appartenente ad un singolo individuo, diventa di dominio pubblico nel momento del completamento produttivo di un’opera. La comprensione e la sensibilità personale sta alla base dell’evoluzione di un pensiero legato all’arte stessa. L’arte è sempre arte, è univoca, nel senso stretto del termine, ha, quindi, una sola interpretazione, sia essa antica o moderna. L’arte evoca sentimentalismo e purificazione dell’anima. L’arte è un tramite attraverso cui l’uomo ha appreso un metodo espressivo figurativo, non verbale, quindi non a tutti comprensibile ma, pur sempre, affascinante. Sarebbe meglio avere delle forti basi culturali per comprenderne appieno il significato ma lo scopo dell’artista, non sempre, è quello di imporre una sua interpretazione, più spesso, vuole che sia il suo pubblico a trarre delle conclusioni in base alla propria esperienza personale. Il risultato, previsto e auspicabile, è il raggiungimento di un’estasi figurativa in grado di farci entrare nel quadro, vivere la tela come parte della nostra vita, carpirne il senso profondo, conseguentemente, apprendere e comprendere il forte sentimentalismo con cui l’artista ha dato vita a quella specifica opera. Tiziano Vecellio, nel “Ritratto di Paolo III senza camauro”, del 1543, in apertura del pezzo, racconta una storia in un portrait del tutto avvicente. Si percepisce vitalità nello sguardo di un uomo anziano, nei suoi abiti Papali contraddistinti da quel mantello bordeaux finissimo in ogni pennellata. Uno sguardo buono, accomodante, la barba lunga che rievoca la saggezza e la calma religiosa di un uomo che ha rivestito il ruolo di Papa della Chiesa cattolica dal 1534 fino alla data della sua morte, nel 1549. L’arte, in questo caso, dialoga con l’artista che discute con la fede, personale, nella santità del suo Papa. Lo osserva, si osservano l’uno con l’altro, si scrutano con benevolenza, affetto e partecipazione, raccontano una storia di relazioni umane legate a una grande famiglia, quella della Chiesa, quella della religione che dovrebbe accomunare i popoli ma spesso divide, tortura e genera massacri. Paolo III e Tiziano parlano di una tranquillità emotivamente condivisa dall’evoluzione di un loro intimo pensiero. La saggezza vince sulle lotte di classe e religiose. Seduto sulla sua poltrona ci guarda con compassione, ci benedice e lo fa avvicinandosi alla normalità di un popolo semplice, lo fa svestendo il camauro papale, lo fa da uomo. Tiziano, però, non è solo questo, Paolo III è un’evoluzione spirituale dello stesso artista, è una provocazione a sé stesso, è la sua necessità di purificare la sua anima ribaltando lo stesso desiderio anche sul suo pubblico. Nel 1514, invece, dipingeva “Amor sacro e Amor Profano”:
Tiziano Vecellio, Amor Sacro e Amor Profano, 1514 - da Wikipedia
Tiziano Vecellio, Amor Sacro e Amor Profano, 1514 – da Wikipedia

L’evoluzione, artistica e spirituale, è ben visibile nel racconto visivo e tangibile di una stessa donna, addossata al sarcofago adibito a fontana, in due vesti totalmente differenti. Tra le due notiamo il piccolo Eros, intento a giocare con l’acqua, a rimescolare, metaforicamente, le condizioni della vita e la predisposizione umana. Eros è il motivo per cui esistono due volti di una stessa persona; i due volti sono rappresentati dalla donna elegantemente vestita, pudìca nell’atteggiamento, e nella stessa donna quasi nuda, provocante e sgraziata. Secondo il modo di pensare di Tiziano, ognuno di noi possiede varie sfaccettature, il pudìco e l’erotico possono convivere in una stessa personalità, così come tutte le altre caratteristiche pisitive e negative. L’uomo è un misto di tante cose, è unico e plurimo in un corpo che cresce, senza cambiare mai. Non siamo fatti di una sola sostanza, non siamo privi di sfaccettature differenti. Siamo un insieme di mutevoli desideri che, combinati tra loro, danno vita a ogni singolo individuo. Bisogna saper riconoscere sé stessi nelle varie situazioni a cui la vita ci sottopone, è il solo modo per sapersi gestire e gestire al meglio ciò che ci circonda. Trovo che quest’opera sia il simbolo della nostra modernità. Il difetto di fondo è che mentre Tiziano aveva una certa consapevolezza di questo avvicendamento tra sacro e profano, tra bene e male, l’uomo moderno vuol far credere di essere integerrimo, pur sapendo di avere un minimo, davvero microscopico, controllo di sé, nella baraonda di un cervello instabile. Il problema è pensare di essere perfetti quando la perfezione è sapere di non esserlo.

Marc Chagall, nel 1915, quindi molto più avanti nel tempo rispetto a Tiziano, dipinse “Compleanno”, è un’ulteriore evoluzione di un pensiero comune, di un sentimento paradossalmente conosciuto da tutti: il festeggiamento del compleanno della propria fidanzata, o moglie che sia. Il concetto è semplice ma l’emozione può essere recepita in maniera diversa a seconda del proprio punto di vista e della propria predisposizione morale:

Marc Chagall, Compleanno, 1915 - da Pinterest
Marc Chagall, Compleanno, 1915 – da Pinterest

Una stanza da letto, un tavolo da pranzo, un piatto con un coltello, un bicchiere di vetro, un borsello, un batuffolo da cipria, uno sgabello, sullo sfondo un letto e un tappeto, dalla finestra si vede la strada, in una serata non troppo buia; potrebbe trattarsi di un albergo, una fuga romantica di due amanti che vogliono festeggiare insieme il compleanno, oppure un piccolo appartamento allestito ad hoc per l’occasione. Si tratta di un’evoluzione rispetto ad un pensiero gentile nei confronti di qualcuno che, con amor profano, vuole celebrare la data della sua nascita in coppia e non in famiglia. Questa è l’ennesima conferma della coesistenza effettiva di sacro e profano all’interno di uno stesso individuo, all’interno, quindi, di tutti gli individui della terra. Chagall lo racconta con minuzia di particolari: i fiori sono sinonimo d’amore mentre il bacio è la carnalità dell’amore stesso; una condivisione piacevole e approvata da entrambi in un contesto di candida ebbrezza.

Un altro esempio di sacro e profano, sempre nell’opera di Chagall, è “Coppia sopra Saint Paul”, del 1968:

Marc Chagall, Coppia sopra Saint Paul, 1968 - da Pinterest
Marc Chagall, Coppia sopra Saint Paul, 1968 – da Pinterest

L’evoluzione, in questo caso, non è solamente legata al sentimento di quell’“amor sacro e amor profano”, piuttosto al suo stile pittorico. Siamo, ormai, nel 1968 e, pare, stia provando nuovi metodi espressivi, un nuovo utilizzo dei colori e una linearità nell’immagine meno nitida e decisa. Lo sfondo cittadino si mescola con i fiori, in netto contrasto con il rosso sottostante ma ben amalgamati all’azzurro del cielo, al giallo tenue del sole al blu intenso dei due amanti avvolti in un abbraccio stretto e sentimentale, poi, per una nuova evoluzione della mente, si vede la testa di un cavallo, alle spalle della coppia. Il significato di un cavallo, in questo contesto, può suggerire un numero infinito di significati: libertà dall’oppressione del mondo sottostante, desiderio di vivere quell’amore mentre la testa viaggia lontano, voglia di fuggire insieme in un luogo isolato e selvaggio oppure, ancora, è simbolo della forza pacifica che unisce i due amanti, in un’intelligenza emotiva mansueta e sempre fedele. Ognuno di noi può scegliere di leggere quello schizzo come meglio crede, dipenderà dalla nostra condizione sentimentale, dall’abbraccio, che meglio conosciamo, con il significato di amore. Ad ognuno il suo giudizio ma per ognuno ci sarà qualcun altro a vedere la stessa cosa.

Vorrei concludere con Joan Mirò, con le sue “Figure di notte guidate dalle tracce fosforescenti delle lumache”, del 1940:

Joan Miro, Figure di notte guidate dalle tracce fosforescenti delle lumache, 1940 - da ArtsLife
Joan Mirò, Figure di notte guidate dalle tracce fosforescenti delle lumache, 1940 – da ArtsLife

L’evoluzione è visibile nella confusione. Si percepisce perdita di una direzione precisa, perdita di equilibrio e stabilità, ansia nel ritrovamento della retta via, inconsapevolezza, scostanza nel perseguire un obiettivo lineare; è un labirinto senza soluzione. Infatti, a dimostrazione di questo assunto, è un quadro del 1940, la Guerra non è ancora finita, non si sa cosa ne sarà del domani, non si sa in quanti rientreranno vivi dal fronte e in quanti potranno essere recuperati anche da morti. Le mogli attendono a casa, arrangiandosi come meglio possono per tirare avanti senza morire di fame. Non può esserci equilibrio, non possono esserci sicurezze, la confusione regna sovrana e Mirò lo racconta così, con la bava delle lumache, leggermente fosforescenti, sotto un terzo di luna calante; calante come l’umore delle persone, calante come lo spirito che tenta di resistere ancora. Calante come l’evoluzione di quel pensiero rivolto verso una crescita ancora troppo lontana, per essere visibile.

Joan Mirò non è solo questo, sa essere anche positivo e lo possiamo vedere in “The Sun”, 1949:

Joan Miró The Sun (El Sol) 1949 - da MoMA
Joan Miró The Sun 1949 – da MoMA

Semplice, infantile ma divertente. Tutto questo nasce proprio quando la Guerra è, ormai, finita, quando, nonostante la situazione non sia ancora stabile, c’è speranza; quando la povertà regna ancora sovrana ma le sirene anti bomba non suonano più; quando i genitori sanno di avere un futuro per i loro bambini. Quando, finalmente, un po’ di pace concede un attimo di svago e Mirò lo fa così, con linee basilari, colori netti, come le forme dei libri dei bimbi. A fare la differenza sono le condizioni di vita generale, è l’assenza di paura e di ambiguità, è l’evoluzione di un pensiero nel pensiero di un mondo in altrettanta evoluzione. La crescita crea stabilità e la pace la accompagna per mano.

Oggi chi siamo? Cosa siamo? Cosa vogliamo essere? Qual’è la nostra evoluzione? Non parlo di tecnologia, di social network e di marketing, non parlo di imprenditoria digitale, non parlo di consumismo e beni materiali, parlo di sentimenti, di emozioni, di piacevolezza, di compagnia, di relazioni umane e non telematiche. Parlo dell’evoluzione di uno sguardo.

“Il tuo sguardo è una tac
È una risonanza magnetica
Il tuo giudizio è libertà vigilata
O sedia elettrica
Nel cielo questa luna arroventata
Che rotola lungo il piano inclinato della vita
Come un flipper anni 80
Che ad un certo punto della partita
Partivano due palline in simultanea
È arte contemporanea
Ecco cos’è svegliarsi in questa epoca”

(Jovanotti, “Con uno sguardo”, 2015)

Arianna Forni

 

 

 

“Noi siamo esperimenti dell’evoluzione, figli della nostra grande madre a cui dobbiamo riverenza, riconoscenza e gratitudine.”
(Francesco Alberoni, “Valori”, 1993)

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