“Si dice che la poesia sia cominciata con lo sport.
[…]
L’atleta ha bisogno del poeta, diceva Pindaro: il poeta era necessario al campione perché l’impresa fosse celebrata con versi monumentali.”
(André Scala, “I silenzi di Federer”, 2012)
Arte, cultura, studio, sport, un connubio di conoscenze in grado di rendere le persone migliori, più attive, più concrete, più equilibrate e stabili, più consapevoli della loro esistenza nello spazio e nella mente. Sapersi destreggiare tra sentimenti e fisicità è, forse, l’arte più complessa, difficile da eseguire, difficile da apprendere. Chi è molto bravo con l’apprendimento didattico non sempre riesce a trovare il tempo per prendersi cura del proprio corpo, chi è particolarmente incline all’allanemanto fisico non sempre ha la voglia e le capacità per dedicarsi alle dottrine, umanistiche o scientifiche. Il problema sta alla base del nostro mondo istituzionale e istituzionalizzato. Le scuole non insegnano a trovare dei compromessi per assommare le varie caratteristiche e tutto diviene complesso. Gli sportivi vengono emarginati dagli studiosi e viceversa. Non esiste equità, non perché non sia possibile creare una coesistenza coabitativa tra differenti discipline, solo perché è veramente difficile trovare qualcuno in grado di impegnarsi su più fronti, mettendoci lo stesso interesse e la stessa dedizione. Abbiamo menti eccelse sportivamente ignoranti e abbiamo, altrettanti, uomini sportivi mentalmente incapaci. Le due cose possono, tranquillamente, viaggiare sullo stesso binario, anzi, se riescono a farlo, se ne potranno trarre grandi benefici e una grande capacità di mantenere un equilibrio psico-fisico, globale, immunizzante da tanti problemi sociali, e sogiologici, della nostra grama modernità. Vivere è l’insieme delle conoscenze, competenze ed esperienze raccolte nel corso degli anni. Vivere è capire, destreggiarsi nei vari ambienti, plasmare sé stessi in base alle necessità. Più cose diventano di nostra competenza più avremo chance di emergere o, più semplicemente, di toglierci qualche piccola, o grande, soddisfazione. Lo sport insegna il rispetto verso i compagni di squadra e gli avversari, lo studio insegna ad avere pazienza, entrambi insegnano ad avere costanza per raggiungere il proprio obiettivo. Nel rispetto, nella pazienza e nella costanza risiede la base attorno alla quale si costruisce un uomo buono, caparbio, capace di volersi bene senza illusioni, senza disilludere le aspettative altrui e senza, soprattutto, calpestare nessuno lungo il proprio cammino. Per ottenere un risultato serve solo il proprio continuo, e continuativo, impegno. Vale per tutto, è il motivo per cui, ne sono certa, studio e sport siano, davvero, un’accoppiata artistica potente e impagabile. Chi ha queste facoltà, fisiche e mentali, saprà, perfettamente, quanto sia vero tutto questo. Alcuni artisti hanno cercato di mettere su una tela il valore dello sport, mostrando quanto l’arte sia vicina all’arte di saper conoscere e muovere il proprio corpo, sapendo bene cosa significhi fare fatica. Il senso stretto di tutto questo è mostrare come, più ambienti, nonostante la loro apparente differenza, possano vivere all’unisono, sullo stesso Pianeta, in uno stesso ambiente sociale, macro e micro.
LeRoy Neiman, di cui potete osservare un’opera in apertura, è stato l’artista dello sport per eccellenza. Nasce nel 1921 e muore, lasciando un grande vuoto nei suoi estimatori, nel 2012. Ha trascorso tutta la sua vita, e la sua carriera artistica, a ritrarre i gesti sportivi raccontando, attraverso la sua arte, l’arte stessa del gesto atletico. Il suo intento è riuscito alla perfezione, guardando le sue tele si riesce a cogliere con fervore la voglia e l’intesa tra uomo e sport, tra uomo e intelletto, tra uomo e arte. Non ha mai prediletto una disciplina piuttosto di un’altra, si è destreggiato all’interno di vari ambienti proprio per dimostrare quanto, ognuno di loro, avesse e ha qualcosa da dire. Anche lui, come me e tanti altri, aveva in mente un processo cognitivo complicato, voleva creare un connubio inscindibile tra cultura e gesto sportivo, tra atleta e conoscenza.

Appariva sui manifesti di grandi competizioni spotive americane, serviva a catalizzare amanti dello sport, tifosi e giocatori, attorno ad un concetto differente rispetto a quello a cui si era abituati. Voleva regalare la possibilità di cambiare punto di vista, vivere lo sport con la saggezza di chi ha studiato e conosoce delle regole, fontamentali, di quieto vivere, di fair play, nella propria fede, religiosa e sportiva. Non è un input immediato, anzi, non riesce ad arrivare nei cuori di tutti ma ci prova, Neiman è stato il primo a metterci tutto sé stesso per riuscire in questo intento. I suoi atleti sono meravigliosi:

Mike Piazza è stato uno dei più importanti giocatori di Baseball statunitense, naturalizzato italiano. Ha debuttato nel 1992; il ritratto di Neiman, del 1999, lo immortala all’apice della sua carriera. La genialità dell’artista è stata quella di scegliere, come soggetto della sua tela, un giocatore tra i più idolatrati e sportivamente riconosciuti, tant’è vero che, nel 2016, è stato inserito nella Baseball Hall of Fame, consacrando sé stesso tra i numeri uno e, di conseguenza, elevando Neiman ad artista, di nicchia, con competenze strettamente legate alle sport di riferimento. Un connubio perfetto, esattamente la coesione tra arte e sport che dovrebbe vivere, non solo sui campi e nei quadri, anche, e soprattutto, nei cuori delle persone. I colori sgargianti sono sinonimo di gioia e di divertimento, di passione. Mostrano, in modo minuzioso, il movimento atletico del battitore, la tela è precisa e coinvolgente proprio perché, anche Piazza, in campo, sapeva essere altrettanto preciso e altrettanto coinvolgente. Tifosi in delirio e amanti dell’arte affascinati. L’uomo può, e deve, fare di sé stesso un’opera d’arte.
Anche Norman Rockwell ha dedicato parte della sua carriera artistica allo sport, in special modo proprio al baseball:

In questa tela, del 1957, “The Wind Up”, si esprime in modo molto satirico, comico e sarcastico, per dare un’impronta più realistica ad un gesto sportivo estremamente tecico e di difficile riproduzione umana. L’osservazione dettagliata, dell’uomo alle spalle del lanciatore, rende l’idea di quanto sia entusiasmante guardare da vicino i nostri eroi dello sport, cercando spiegazioni e studiando i meccanismi attraverso i quali riescono a compiere certi miracoli tecnici. Anche nel caso di “The Rookie”, sempre del 1957, affronta un tema molto caro, soprattutto alla tifoseria, lo spogliatoio:

Il pre e il post partita sono, ancora oggi, un mistero. Nonostante, le grandi televisioni generaliste, abbiano aperto le porte, di corridoi e spogliatoi, restano sempre avvolti da un magico alone impenetrabile, vi sono alcuni punti di domanda, da tifoso medio, a cui, probabilmente, nessuno avrà mai risposta. Fa parte dell’interesse creato attorno allo sport, crea aspettativa, curiosità, fa discutere, ognuno dice la sua, qualche giornalista improvvisa uno scoop da “dietro le quinte” e si va avanti a parlarne per settimane, prima della prossima partita o della prossima news di rilievo. Ecco, anche questi artisti avevano cercato di trovare il modo di mettere la stessa passione e lo stesso interesse, verso il mondo dello sport, legandolo, in modo inscindibile e coeso, al mondo dell’arte e della cultura. La cosa più complessa è riuscire a mantenere quel filo sottile e delicato di unione tra i due mondi, non dovrebbero essere distinti l’uno dall’altro ma lo sono, purtroppo. Vorrei che qualcuno mi ascoltasse e si provasse, quanto meno, a stabilire un tentativo di avvicinamento, blando, ma continuativo tra allenamento mentale e allenamento fisico. Sport e cultura servono allo stesso modo, sebbene si trovino su due piani differenti, viaggiano in modo parallelo. Un uomo costruito attorno all’uno e all’altro mondo non potrà che essere un uomo migliore.
Al giorno d’oggi, degna di nota, abbiamo una sola artista, italiana, Isabella Monari:

Lei mette qualcosa di ancora più avvincente nei suoi quadri. Sono vivi, nel gesto tecnico e nella composizione della mente, sia in riferimento al suo modo di dipingere che rispetto ai movimenti stessi degli atleti. Anche lei, come Neiman, non è legata ad un solo sport, li dipinge tutti, in tutti cerca di trovare le caratteristiche migliori, più peculiari. Vorrebbe trasmettere la cultura dietro ad un gesto fisico, unito al suo studio personale per ritrarlo al meglio:
Quanti sport esistono al mondo? Quanti se ne praticano? Quanti sono gli atleti, professionisti e amatoriali? Quanti hanno un interesse verso lo sport, non solo da poltrona? Tantissimi, molti di più rispetto a quelli che si possano solo immaginare. Allora, io dico, perché non provare a creare un connubio stabile tra cultura e sport che permetta agli atleti di portare avanti la loro passione, e il loro conseguente lavoro, avendo la possibilità di coltivare una base di studio importante utile ad aprirgli la mente, nel loro stesso sport, così come nella vita che verrà, per forza di cose, al termine della carriera agonistica? Costruire un mondo migliore significa infondere solidi valori e dare della basi fondamentali su cui crescere. Bisognerebbe partire dai bambini per arrivare agli adulti, con la certezza, però, che siano i primi a determinare il futuro di qualsiasi divenire ci aspetti nel nostro domani e in quello di questa Madre Terra. Infondo la Terra ci sta solo ospitando, cerchiamo di renderle merito sfruttando tutte le nostre più belle e utili capacità umane.
Arianna Forni