“Il compito del pensiero logico è strettamente limitato a stabilire tutte le connessioni interne fra concetti e proposizioni secondo regole ben definite, che sono appunto quelle della logica”

(Albert Einstein)

Enigma non è un sinonimo di domanda. L’enigma è una questione irrisolta, per qualcuno, e chiarissima per altri. L’enigma pone la nostra mente davanti ad un ragionamento logico, utile ad accompagnarci verso una soluzione definitiva. Lo scioglimento del quesito serve ad accrescere la stima in noi stessi e nell’utilità dello stesso ragionamento logico. La conclusione del processo cognitivo, che ci permette di risolvere i vari enigmi posti dalla vita, è, in definitiva, il ragionamento logico attuato dalla nostra mente, grazie all’intelligenza di ognuno di noi sarà possibile spingersi sempre più avanti, oppure fermarsi ad un livello inferiore. I ragionamenti si dividono, secondo la filosofia, in varie dinamiche: induzione, inferenza, abduzione, ragionamento per assurdo e deduzione. Ognuna di esse ha caratteristiche differenti che vanno analizzate singolarmente, hanno, sostanzialmente, una connotazione molto personale, dipendono dal carattere di ognuno di noi, dal proprio processo cognitivo, ovvero dal proprio metodo di apprendimento. L’induzione è un meccaniso di soluzione derivato da una consapevolezza del ragionamento già svolto da altri che, di conseguenza, ponga le basi per la costruzione di una propria soluzione, spinta, o aiutata, dal lavoro personale di chi ci ha preceduti; creando una mescolanza tra i due risultati si può ottenere una propria visione d’insieme. L’inferenza è, invece, la capacità di partire da un assunto per poi formularne un altro, diverso, che riesca a sovrastare l’oggettività del primo, mettendo in evidenza il contrasto creato dall’intelligenza dell’individuo inferente. L’abduzione è un sillogismo in cui la conclusione dell’assunto non risulta mai essere inequivocabile ma deduttiva, può variare a seconda del posizionamento dei termini posti all’interno dello stesso sillogismo, vedremo quanto possa avvicinarsi al ragionamento per assurdo. La deduzione è un processo razionale che ci accompagna alla conclusione, de più ducere, ovvero dedurre. Il ragionamento per assurdo, al contrario, è un pensiero dedotto da una fonte attendibile, ossia da un ragionamento logico che assume una sua personale ipotesi ma, a differenza degli altri metodi, giunge ad una risposta assurda e, come tale, porta l’individuo a stabilire che l’assurdo non sia il suo ragionamento, bensì il punto di partenza. In sostanza, qualsiasi sia il nostro modo di ragionare resta indispensabile convincere la nostra mente di avere ragione rispetto a qualsiasi assunto originale, da cui abbiamo dato inizio al ragionamento cognitivo. L’inevitabile, appunto, è darci ragione, non abbassare né lo stato di guardia né, tantomeno, il proprio orgoglio personale. Non importa avere ragione o meno, l’importante è aver fatto un ragionamento logico che, attraverso il termine logico diventi, per forza di cose, inattaccabile, anche di fronte all’evidenza di un palese errore. L’unico ragionamento logico ad avere una definizione concreta, equilibrata e stabile è il metodo razionale. Per razionale non si può indicare una sfaccettatura del carattere umano ma un modus operandi oggettivamente lineare, verso il quale parrebbe impossibile, oltre che illogico, formulare teorie contrastanti, a meno che non si faccia parte degli altri cinque, infernali, processi cognitivi. In tutto questo sia l’arte che la filosofia ci aiuteranno a capire meglio il condizionamento umano verso i propri stessi desideri e le sue intrinseche questioni, risolte e irrisolte. Arthur Schopenhauer, ad esempio, è un pessimista per eccellenza, uno per il quale la gioia rasenta l’inesistenza, colloca tutto al di fuori del desiderio fisico, fisiologico e mentale dell’uomo, scindendo l’esistenza, nel mero senso di respirare e quindi vivere, dall’essenza, nel sogno e nelle volontà emotive. Si concentra, ad esempio, sul concetto di amore, sia platonico che sessuale, dandone una connotazione, totalmente, negativa. Infatti, secondo Schopenhauer, il desiderio di ricevere qualcosa da qualcuno resta preponderante, all’interno delle proprie priorità, solo, ed esclusivamente, finché non se ne riceve soddisfazione. Successivamente, tutto finisce, muore, si sposta verso nuove necessità, quindi, sarebbe meglio limitare le proprie ambizioni per evitare, da una parte, di restarne delusi, dall’altra, di doverne creare di nuove.

Arthur Schopenhauer ritratto da Ludwig Sigismund Ruhl, 1815 - 1818 - da Wikipedia
Arthur Schopenhauer ritratto da Ludwig Sigismund Ruhl, 1815 – 1818 – da Wikipedia

L’unica cosa verso la quale aveva una netta predilezione erano gli animali, riteneva, in maniera molto corretta e, altrettanto, attuale, avessero un diritto, di vita, di spazio e di libertà. Non è mai stato, totalmente, vegetariano, la dieta, a quel tempo, secondo delle teorie mediche, doveva essere varia e comprendere anche carni animali ma, nonostante questo, si limitava parecchio, a meno che non si trovasse in situazioni nelle quali sarebbe risultato sconveniente e maleducato rifiutare. Schopenhauer è un personaggio enigmatico, probabilmente, dovremmo scegliere un nostro personale processo cognitivo per trovarne una connotazione specifica ma, nonostante tutto, credo che il mondo sia bello, e lo sia sempre stato, perché vario. Tutto sommato siamo ancora qui a parlare di lui, ci sarà una ragione, forse, razionale.

Ritengo sia necessario parlare anche di Aristotele e, di conseguenza di Raffaello Sanzio con la “Scuola di Atene”, affresco del 1509-1511, posta in una delle quattro Stanze Vaticane, all’interno dei Palazzi Apostolici:

The School of Athens by Raffaello Sanzio, Urbino, 1509-1511 circa - da Wikipedia
The School of Athens by Raffaello Sanzio, Urbino, 1509-1511 circa – da Wikipedia

Partiamo dallo studio della composizione di questo affresco di grande valore storico e sociale. I personaggi sono inseriti nel contesto di un edificio ampio, classico e racchiuso al di sotto di una enorme cupola, la prospettiva, perfetta, ci permette di suddividere l’immagine in cinque sezioni, ben contraddistinte tra loro. Le prime due sono, necessariamente, governate dalla presenza di una scalinata che crea una visione superiore e inferiore rispetto ai gradini. La terza è il centro focale, ovvero i due personaggi, riconosciuti in Platone e Aristotele, intenti a dialogare tra di loro. Le ultime due si trovano a destra e a sinistra dell’affresco. Tutti i partecipanti fanno parte della schiera dei grandi studiosi di quel florido passato, dalla filosofia, alla scienza matematica, astrofisica e letteraria. La cosa che, al momento, ci interessa maggiormente è la figura di Aristotele:

Aristotele. Dettaglio dalla Scuola di Atene di Raffaello Sanzio (1509) - da Wikipedia
Aristotele. Dettaglio dalla Scuola di Atene di Raffaello Sanzio (1509) – da Wikipedia

“Poi ch’innalzai un poco più le ciglia,
vidi ’l maestro di color che sanno
seder tra filosofica famiglia.

Tutti lo miran, tutti onor li fanno:
quivi vid’io Socrate e Platone,
che ’nnanzi a li altri più presso li stanno;”

(Dante Alighieri, “Divina Commedia”, Inferno IV, vv. 130-135)

Chi siede tra la filosofica famiglia ed è accerchiato, addirittura, da Socrate e Platone, è proprio Aristotele, riconosciuto anche dal nostro Sommo Poeta come un grande esponente del pensiero, iniziato dallo stesso Platone, di dare una spiegazione ai mutamenti del mondo, visto sia sotto un aspetto naturale che ambientale, quindi legato ad una società fatta di individui. Secondo Aristotele le cause di questi mutamenti sono, principalmente quattro: efficiente, finale, materiale e formale. Ognuna di esse ha una rispettiva funzione, che determina una trasformazione del mondo in cui viviamo. L’unica che prevede una vera e propria intenzionalità da parte della natura, nel senso di una propria coscienza nel desiderio di cambiare, è la causa finale. Tutte le altre dipendono da agenti esterni che provocano o meno determinati cambiamenti. Questa causa finale può essere lo specchio dei nostri desideri personali, delle nostre ambizioni e della realizzazione dei nostri sogni. Nel momento in cui assumiamo una capacità di discernimento, lontana dal ragionamento per assurdo, concentrandoci sul razionale, e quindi sul desiderio finale, saremo in grado di giungere alla metamorfosi desiderata, senza provocare danni né problemi a chi o cosa ci stia attorno. Se è vero che nel sillogismo: “tutte i gatti miagolano, Arianna sa miagolare, Arianna è un gatto”, siamo giunti all’esponenziale soluzione di un enigma grazie all’abduzione e ad un ragionamento per assurdo, è anche vero che se l’assunto è: “voglio laurearmi, per laurearmi devo studiare, se studio ce la farò”, sappiamo di parlare secondo una causa finale, con un ragionamento razionale e, del tutto, inattaccabile. Questa, tutta, è l’arte di saper vivere, di saper stare al mondo avendo la consapevolezza e la coscienza di conoscere le varie sfaccettature del mondo umano, del suo ragionamento e, grazie a questo, determinare una convivenza attiva, non combattiva, con chiunque incroci il nostro cammino.

Labirinto di Villa Pisani a Stra, Venezia, cantato da D'Annunzio - da Informazione Libera
Labirinto di Villa Pisani a Stra, Venezia, cantato da D’Annunzio – da Informazione Libera

C’è una soluzione a qualsiasi enigma, c’è una risposta a quasi tutte le domande, se escludiamo quelle esistenziali, esattamente come c’è un’uscita per ogni labirinto. La cosa, fondamentale, per trovare una soluzione è saper mantenere la calma, giocare con i propri rebus e divertirsi nel trovare la soluzione migliore, per noi. Si dice che nel Labirinto di Villa Pisani si intrattenessero giovani amanti. La donzella, accompagnata da un’ancella munita di cartina, dello stesso labirinto, veniva accompagnata a sedere sulla torre centrale, dove avrebbe atteso il suo amato tutto il tempo necessario perché, lui stesso, risolvesse il mistero del groviglio di cunicoli. Per rendere il gioco più difficile, avrebbe dovuto incamminarsi mascherato e continuare a camminare, limitando il ragionamento agli spostamenti fatti e da fare. Lei attendeva, trepidante. Dall’alto riusciva a scorgere l’amato, le regole del gioco, però, non le consentivano di dargli dei suggerimenti. Osservava divertita, sia gli errori che le soluzioni. Solo al suo arrivo gli sarebbe stata tolta la maschera per ricevere in cambio, in segno di ricompensa, un bacio profondo, il segno del loro grande amore.

Sembra sempre tutto facile. Le parole rendono ogni questione, anche la più ostica, chiara e nitida ma, poi, bisogna vivere, uscire di casa e affrontare quel mondo in continuo cambiamento. Ci si aspetta di essere sempre gli stessi, di non cambiare mai, almeno noi, almeno nel nostro intimo, invece, forse, noi stessi siamo i primi a metterci in dubbio, a creare degli enigmi da risolvere. Ci mettiamo in difficoltà da soli e ci perdiamo nel labirinto della stessa strada che, fino al secondo precedente, ci sembrava lineare, comodamente percorribile. Sono i problemi a renderci invicinbili, sono le conquiste più difficili a fare di noi degli eroi unici, anche se solo per qualcuno, per pochi, per i nostri cari, carissimi eletti, altro non sono se non le persone a cui vogliamo bene e che ricambiano, con tutto il loro cuore. Non importa quale sia il tuo tipo di ragionamento, se tu sappia o meno essere razionale, l’importante è essere fieri e felici nel proprio corpo perché è quello che dovremo indossare per tutto il corso della nostra esistenza. Anche Aristotele e Schopenhauer non hanno mai cambiato il loro.

“Gli antichi adoperano logica e dialettica per lo più come sinonimi, e altrettanto fanno i moderni”

(Arthur Schopenhauer, “L’Arte di ottenere ragione”)

Arianna Forni

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