Partiamo da un concetto ben definito, ovvero da degli studi fatti in epoche passate in cui, guarda caso, si ponevano la medesima domanda. Un esempio è Tommaso d’Aquino, un altro è Aristotele e via dicendo fino ad arrivare proprio ai giorni nostri. Per il momento glisso sulle citazioni, non servono, vorrei partire da dei concetti chiari, tratti da questi due grandi filosofi, appena elencati. Tommaso d’Aquino aveva delle idee molto precise in riferimento all’identificazione dell’arte. La filosofia tommasea si basava, si basa, esclusivamente, sul concetto di estetica, laddove essa stessa prendeva, e prende, spunto dalla vita dell’uomo e dalle sue competenze, dal saper fare e, quindi, dal saper essere. Già questo punto identifica, in maniera, abbastanza, schematica e razionale, il concetto di arte come razionalità umana nell’esercizio di qualsivoglia attività. Chiunque abbia una capacità razionale e intellettuale di creare è, per assunto, un esteta nell’ambito del contesto che gli appartiene. Ogni mestiere prevede delle capacità, di conseguenza – vi evito il sillogismo – ogni mestiere è arte, nel settore in cui si esplica. Niente di più chiaro e nitido. Questi concetti vanno contestualizzati nell’ambito della società del XIII secolo, quindi, dovrebbe essere facile riportarli nella nostra ricca attualità. Il bello, per Tommaso d’Aquino, è l’emozione scaturita dalla propria vista ma, ed è la cosa più importante, per vista non intende ciò che osserviamo attraverso lo sguardo, bensì ciò che percepiamo e guardiamo tramite il nostro sentimento interiore. Questo genere di estetica mira a produrre il bello, ciò che è bello non lo è in senso lato ma in senso figurativo, emozionale, può essere bello per un individuo e, di conseguenza utile per lo stesso individuo, e brutto, inutile, privo di interesse per altri. A questo punto si passa al concetto aristotelico di materia e forma date dalla potenza espressa in un atto. In sostanza, alla creazione di qualcosa che miri più alla catarsi che alla perfezione. In questo senso, come è palese che sia, la perfezione non esiste, non può esistere, ciò che appare meraviglioso, interessante ed accattivante per qualcuno è osceno e ripugnante per qualcun altro. Da questa base nasce la catarsi interiore, attraverso la quale comprendere i propri errori o, addirittura, prendere coscienza di qualcosa di aberrante, come nel caso di Edipo. Non esiste una versione unica e univoca del senso estetico di una cosa, visibile o invisibile che sia. L’arte ha, per questo, molteplici forme e, svariate, espressioni. Alla domanda diretta: cos’è l’arte? Ognuno di noi potrebbe rispondere cose differenti: architettura, scultura, pittura, cinematografia, teatro, balletto ma anche scienza, letteratura, matematica, geometria etc. Insomma, tutto ciò che sia creato e divulgato dall’uomo, in definitiva, è arte, perché arte, nel suo significato etimologico del termine (tratto dal vocabolario Treccani) è: “In senso lato, capacità di agire e di produrre, basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive […]”. Ora, trovo più che indicato, e indicativo, presentarvi una citazione di Lev Tolstoj:
“Quindi in una società cultrice delle arti fa d’uopo ricercare se si possa veramente chiamare arte tutto ciò che si crede esser tale, e se, giusta il presupposto che vige nella nostra società, tutto ciò che rientra nell’arte sia buono per questo solo fatto, e degno dei sacrifizi che per essa si richiedono. Del resto codesta questione deve premere anche agli artisti, trattandosi per loro di sapere se ciò che fanno abbia veramente tutta l’importanza che si crede, e se non rimangono nella falsa convinzione di lavorare utilmente solo per i pregiudizi della chiesuola in cui vivono, e se d’altro lato quanto prendono agli altri per i bisogni dell’arte e della loro vita individuale, trovi qualche compenso nel valore dei loro prodotti. Che cos’è adunque l’arte, questa entità ritenuta così preziosa e indispensabile per il genere umano?”
(Lev Tolstoj, “Che cosa è l’arte?” 1897)

L’arte, possiamo dire, è amore. Amore per l’arte stessa in tutte le sue forme, amore per qualcosa in particolare che ci suscita emozioni, qualsiasi cosa sia, amore per le nostre capacità e le nostre sensazioni, amore verso noi stessi come individui e come creature, amore per l’amore, incondizionato, a volte immotivato ma pur sempre amore. Un esplicarsi di quell’estetica misteriosa ma, estremamente, chiara: il Vero, l’essere per essere e il creare per capacità personali. Qualsiasi lavoro o ambizione si possa avere nella propria vita, ognuno di noi, può fare dell’arte, può essere l’arte di sé stesso. L’arte è una capacità intrinseca di saper coordinare l’essenza con la sostanza, una relazione indissolubile tra l’Io interiore e il corpo fisico e materiale introdotto nel mondo. Solo quell’interiorità, quell’introspezione spasmodica e faticosissima, permetterà all’uomo di essere, davvero, arte di sé stesso e, quindi, di poter, finalmente dare una definizione, definita, e definitiva, dell’arte, come focus, razionale, dell’ambizione di vivere. Bene, cos’è, allora, l’arte? Non è solo ciò che viene presentato e venduto da Christie’s e da Sotheby’s, non è solo quello che viene esposto nelle mostre, ai vernissage, alla Biennale di Venezia. L’arte non è un fenomeno dai grandi numeri, l’arte è l’evoluzione del pensiero umano, con le sue capacità, espresse ed esplicate in svariate forme. Quando parlo di mitologia Greca, ad esempio, parlo di arte, parlo di favole inventate in tempi non sospetti ma, di fatto, vicinissime al nostro contemporaneo, questo non può che rendere arte la favola stessa, il mito, in quanto tale, è arte, vera e sincera. Vorrei poterveli narrare tutti ma c’è uno schema nel mio progetto e cerco di seguirlo, per quanto mi sia possibile, per quanto, anche io, abbia bisogno di uno spazio di espressione artistica. La scrittura, per me, è la mia arte, è il mio modo di esporre dei fatti, il mio modo di entrare nel cuore e nella mete dei lettori cercando di parlare al cuore, al vostro cuore, e non solo alla vostra mente. Non è facile, è ambizioso eppure il mondo è pieno di scribacchini che vengono letti e, a volte, riletti perché portano con sé un nome importante, sapete che vi dico: Forni non sarà un nome importante ma per me lo è, è il nome della mia famiglia ed è l’unico nome in grado di identificarmi e di identificare ciò che faccio come mio. Ecco spiegato il concetto di arte: qualcosa di unico, personale, lineare, logico, schematico, emozionante, a volte culturalmente evocativo e/o istruttivo che possa essere ricondotto ad un nome, qualsiasi sia la sua reale importanza, qualsiasi siano i suoi numeri. L’essere o meno famosi, riconosciuti, ricercati, non dipende da ciò che si fa e da quei numeri che si generano, o per lo meno, non dipende solo da questo, dipende da un’identificazione di genere. L’arte identifica. C’è qualcuno di voi che produce mattoni? Amache? Ombrelloni? Abiti? Strade? Palazzi? Porte? Ognuno di voi è un artista nel suo campo perché, parole di Tommaso d’Aquino, non mie, l’arte è la razionalizzazione della creazione umana secondo degli scopi utili e belli, laddove il bello deve essere riconosciuto all’interno della propria cerchia, all’interno del proprio ambiente. Probabilmente, se andassi a chiedere chi è Banksy ad un produttore di piastrelle mi risponderebbe che potrebbe trattarsi di un nuovo rivestimento per la cucina, con speciali caratteristiche anticorrosive, non so se rendo l’idea. Arte è tutto. Quello che vorrei trasmettere è la capacità che, ognuno di noi, dovrebbe acquisire per prendere in considerazioni le varie sfaccettature dell’invenzione, della creazione e della produzione. Sono d’accordo con voi, se parliamo di Giotto, Caravaggio, Michelangelo, Dante Alighieri, Machiavelli, Cavalcanti e via dicendo siamo tutti certi di trovarci in un ambito artistico ben definito e chiaro a tutti, ciò che non può essere chiaro, allo stesso modo, è il motivo per cui Jeff Koons è chiamato artista e Steve Jobs non lo è mai stato. Se parliamo di bellezza, estetica, utilità e razionalità direi che il secondo avrebbe superato di gran lunga il primo e, in questo caso, sarebbe stato lui ad avere il primato di artista più ricco al mondo. Il gioco è tremendamente sottile, non è fondamentale dare una connotazione definitiva e ben definita, ciò che conta è avere la lucidità per capire il concetto di base, ovvero la teoria tommasea dell’estetica.

Il mondo va guardato ogni giorno con occhi nuovi, differenti rispetto alle ventiquattro ore precedenti. Bisogna saper cogliere le differenze, i dettagli a cui non abbiamo mai fatto caso. Bisogna capire la razionale schematizzazione di una produzione di massa, in massa, talmente vasta da apparire inutile, anche nella sua innegabile utilità. L’arte, appunto, è utile, utile nel senso stretto di possedere un significato enorme per qualcuno e nullo per altri.
L’arte più bella è quella di saper stare al mondo, con sé stessi e con gli altri. L’arte più bella è saper affrontare la vita con il sorriso perché un sorriso è, innegabilmente, arte utile, a tutti.
“Arte è scoprire nella realtà certi segni e rapporti, logicamente inspiegabili, ed evocarli comunicandoli; così che per mezzo di quelli il mondo reale ci si presenti.”
(Massimo Bontempelli, da “Panorama delle attività umane, La Nuova Europa”, 25 marzo 1945)
Arianna Forni