“Ogni movimento, di qualsiasi natura esso sia, è creatore.”

(Edgar Allan Poe)

Qualsiasi cosa si sia deciso di considerare arte è un oggetto fermo, statico, immobile, anche nel caso di un movimento indotto, attraverso macchine, motori o per mezzo dell’uomo stesso, dell’artista. La staticità è, nella maggioranza dei casi, sinonimo di inanimato. Ciò che non è vivo è fermo, ciò che non possiede la capacità insita di respirare è statico. Se non consideriamo arte anche l’artista artefice della sua produzione, allora l’arte è, definitivamente, statica. Adesso, smontiamo questo assunto motivandone le varie ragioni.  Dal Vocabolario Treccani possiamo apprendere il significato etimologico del termine -stàtico [dal gr. στατικός (v. statico1), e -στατικός (per es., in αἱμοστατικός «emostatico»)]. – Secondo elemento di aggettivi composti, derivati dal greco o formati modernamente, che significa, in genere, «che arresta, che ferma, che fissa una condizione a un determinato valore».” Fin qui nessuno dovrebbe avere dubbi, se non che, per l’appunto, il concetto di arrestare e fermare può essere oggetto, anche, di un corpo vivo e non soltanto di un oggetto inanimato. La statica, invece, è uno studio all’interno del ramo della fisica, significa regolare l’equilibrio di un corpo materiale secondo le leggi della meccanica, ovvero, qualora intervengano delle forze esterne a indisporre le condizioni di quiete di un oggetto, esso stesso, deve saper mantenere il proprio equilibrio senza mutare la sua situazione iniziale. A questo punto intervengono le due leggi di conservazione della quantità di moto e del momento angolare, quest’ultimo determina, appunto, l’equilibrio. A questo punto, senza scendere nei dettagli scientifici delle leggi fisiche che governano le forze, attive e interagenti, possiamo comprendere come la staticità di un oggetto dipenda, in sostanza, da noi, dal nostro approccio. La domanda sulla staticità dell’arte ha origini abbastanza antiche, le prime risposte iniziarono a pervenire grazie al “Manifesto del Futurismo” di Filippo Tommaso Marinetti, nel 1914.

Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1914 - da Wikisource
Marinetti, Manifesto del Futurismo, 1914 – da Wikisource

“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità.”

La velocità di cui Marinetti parla, all’interno del Manifesto, si esprime in tutti i settori della vita umana, compresa l’arte che, in questo modo, perde, totalmente, il senso di staticità, attribuitole fino a questo momento. L’arte va osservata secondo il movimento dell’artista che la crea, che la produce. Un quadro può muoversi attorno alle pennellate che ne costituiscono il disegno, attorno ai colori, attorno al soggetto stesso ritratto. Le opere d’arte di muovono e creano quel dinamismo tipico del mondo futuristico in cui, attualmente, stiamo vivendo. L’uomo è e genera movimento, l’artista produce attraverso un movimento che appartiene solo a lui e che noi, da buoni osservatori, dobbiamo essere in grado di raccogliere, di percepire, di osservare, metabolizzando, lentamente, ogni gesto utile alla materializzazione, proprio, di quell’opera. Il Futurismo è la prima avanguardia storica appartenente all’Italia, noi, relativamente, piccolo Paese nel mondo, abbiamo dato vita ad un movimento che ha condizionato tutti, proprio tutti. Marinetti è riuscito a guardare oltre, a coinvolgere altre menti illuminate e predisposte alle novità, ha dato vita ad un manifesto in continua evoluzione. Futurismo significa guardare al futuro con consapevolezza dei cambiamenti a cui stiamo andando incontro. La vita si muove e con essa si moltiplicano e variano le situazioni, i contesti, i lavori e l’arte. Il “Manifesto del Futurismo”, infatti, non parla solamente di arte visiva, tratta qualsiasi settore, dalla letteratura alla cucina, dall’abbigliamento ai mezzi di trasporto, avallando la teoria per la quale nulla è scisso dal concetto di arte come fenomeno di creazione, all’interno del proprio micro cosmo, del proprio, seppur ristretto, settore. Già la parola stessa Futurismo denota un movimento in avanzamento verso un punto non ben identificato. Ci spinge al nostro domani, al progresso, anche tecnologico, ci spinge allo studio e alla scoperta. Per quanto non si possa mai dire di non avere più nulla da imparare, allo stesso modo non è possibile affermare di non avere più nulla da scoprire. Questo è il movimento. Parlando di opere d’arte visiva, invece, il movimento deve essere osservato, capito e, per questo assimilato. Guardando le opere, contemporanee, dell’artista  Yoshitoshi Kanemaki, il movimento appare evidente:

New Glitched Sculptures of Women Chiseled from Wood by Yoshitoshi Kanemaki - da Colossal
New Glitched Sculptures of Women Chiseled from Wood by Yoshitoshi Kanemaki – da Colossal

Gli studi di questo artista, del 1972, Giapponese, hanno, proprio, lo scopo di raccontare come la staticità di un’opera d’arte sia, solamente, un concetto fittizio di chi non sa guardare oltre. Le sue statue, in legno, si muovono veramente, fanno quasi girare la testa, proprio come fanno esse stesse. Il sensazionalismo di questo semplicistico modo di raccontare una breve storia di vita è la presa di coscienza del nostro corpo che cambia, si trasfigura, all’interno dello spazio. Non ci accorgiamo ma, come in uno scatto fotografico in sequenza, o in un boomerang da Instagram Stories, siamo fatti di tanti micro spostamenti, capaci di mutare la nostra essenza statica di una fotografia in posa. Lo studio di Kanemaki è una dimostrazione visiva e visibile del movimento dell’arte, della trasformazione che, oggetti e persone, subiscono sulla base del punto di vista da cui si osservano. Ruota, sempre, tutto attorno al nostro approccio, visivo, tattile, uditivo e emotivo. Ruota attorno ad un nostro movimento, che determina il movimento degli oggetti che ci circondano. Se osserviamo una statua frontalmente vedremo una cosa che non sarà mai ciò che potremo osservare dal lato opposto, ecco cosa vuole dimostrare Kanemaki con questo progetto visivo e movimentato, al tempo stesso.

Se imparassimo a guardare tutte le opere con la consapevolezza del loro movimento interiore impareremmo ad escludere la staticità dell’arte. Nell’opera di Boccioni, “La città che sale”, il movimento è una percezione dell’animo, è un’emozione, pur essendo un quadro, una tela immobile. Come disse Galileo Galilei, in tribunale, durante la presentazione del suo atto di abiura in riferimento all’eliocentrismo, “Eppur si muove”, non c’è molto altro da aggiungere, basta guardare:

Umberto Boccioni, La città che sale, 1910, New York, Museum of Modern Art (MoMa) - da Analisi dell'opera
Umberto Boccioni, La città che sale, 1910, New York, Museum of Modern Art (MoMa) – da Analisi dell’opera

Sull’atto di abiura di Galilei faremo un altro approfondimento, per non appesantire questo contesto legato, prettamente, al concetto di staticità dell’arte. Allora, se adesso vi chiedessi: l’arte è statica? Cosa mi rispondereste? Non può essere statica, ciò che è statico non trasmette emozioni, non colpisce lo spirito più profondo. Solo i cambiamenti, i movimenti, l’avanzamento continuo può determinare la creazione di nuovi ragionamenti e di nuove invenzioni che superino le precedenti. L’arte si muove.

Rougena Zatkova, pittrice e scultrice ceca, nata a Praga nel 1885 e morta a Leysin del 1923, è stata un’esponente del futurismo, adepta di Balla e molto affascinata dalle teorie del Manifesto e quindi da Tommaso Marinetti di cui, nel 1920, fece questo ritratto:

Rougena Zatkova, 'Retrato de F. T. Marinetti' (1920) -da Fabulantes
Rougena Zatkova, ‘Retrato de F. T. Marinetti’ (1920) -da Fabulantes

Anche questo si muove, come tutte le opere futuristiche, come tutto ciò che aderiva al movimento e accettava il cambiamento come status epocale all’interno del quale vive, e convive, l’uomo di qualsiasi epoca.

Noi ci muoviamo e continueremo a farlo insieme all’arte che ci accompagna e allieta la nostra sete di cultura e di estetica bellezza. Siamo parte di un mondo non sempre piacevole, e piacente, siamo parte integrante di un cambiamento epocale in lento ma costante avanzamento. Siamo noi gli artefici di tutto, nel bene e nel male ed è da questo concetto di base che Marinetti ha dato vita al suo Movimento, all’unico movimento che non avrebbe mai smesso di esistere.

“La vita è come andare in bicicletta. Per mantenere l’equilibrio devi muoverti.”

(Albert Einstein)

Arianna Forni

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