“La cultura umana attenua la lotta per l’esistenza e la selezione, e tende ad annullarla; da ciò, la rapida moltiplicazione dei deboli e il loro predominio.”
(Anton Cechov)
Balance, equilibrio, come fosse un dogma imperativo, come fosse una cordiale richiesta al popolo che abita questa Terra, come fosse una necessità, come fosse una parte integrante della consapevolezza di coordinare arte, cultura e business, come fosse la sola entità in grado di mantenerci stabili. L’equilibrio è tutto, non solo in ambito fisico ma, soprattutto, in ambito sociale, mentale, personale, di massa. Il mondo è appoggiato su di un filo sottile, a volte oscilla, a volte rischia di cadere, altre volte cade, poi, con estrema fatica, c’è qualcuno che lo aiuta a riposizionarsi su quel labile sostegno costruito, inizialmente, per durare nel tempo, poi, lentamente, corroso, liso, ridotto ad un capello invisibile ma ancora, sufficientemente, resistente da accollarsi il peso di tutti noi. Non siamo, certo, i migliori, non abbiamo rispetto nemmeno per noi stessi, figuriamoci per la globalità. Globale non significa, per forza unito, globale significa riferito a tutto e a tutti, però, quel tutto e quei tutti devono, ognuno per sé, fare qualcosa che mantenga l’equilibrio utile a restare in piedi, basta poco, una spintarella di qua e una di là, e saremo tutti, rovinosamente, lanciati nel precipizio infernale. Balance, prima di tutto, una volta trovato un compromesso possiamo iniziare a ragionare sull’evoluzione, culturale e sociale, di un globo dalle diverse atmosfere che incidono sugli abitanti, come le fasi lunari incidono sui moti del mare. Siamo in balia di qualcosa di incontrollabile, apparentemente invisibile, inconsistente agli occhi di un popolo che osserva, alla televisione, i drammi del mondo come se fosse un film, senza partecipazione, senza sentimentalismo, senza intromissione, convinti solo di una cosa: “Tanto a me non capiterà mai”. Diciamo che, intanto, per ora, fino adesso, per fortuna, non ti è, o non ci è, capitato, le cose potrebbero ribaltarsi dall’oggi al domani. Ormai dovremmo saperlo, Oriana Fallaci ci aveva avvisati, già, parecchio tempo fa. Troppo orgogliosi e sordi per dare retta a chi sa scrivere e pensare, contemporaneamente. Qualcuno vada a rileggere “La rabbia e l’Orgoglio”, scritto nel 2001, e provi ad illuminarsi “d’immenso”. Appare sempre troppo facile dire “te l’avevo detto”, non serve a molto, ciò che servirebbe risiede nel cuore e nelle ideologie di un popolo, ormai, privo sia dell’uno che dell’altro, persi chissà dove, chissà quando. Chissà e chi sa perché? Siamo bravissimi a fare dell’opinionismo, gli opinionisti sono diventati figure chiave all’interno delle trasmissioni televisive, dalle più scabrose alle più politicizzate. Ognuno dice la sua cercando di esprimersi in modo opposto, contrario e offensivo, nei confronti di coloro seduti di fronte, come se fosse più importante affermare sé stessi piuttosto che risolvere i problemi, quelli veri. L’arte ci insegna che l’equilibrio è la sola cosa fondamentale per trovare armonia. Osserviamo questo artista, giovane, illuminato, privo di condizionamenti sociologici e, soprattutto, social. Lavora nella natura e con la natura fa arte e dell’arte fa un perfetto balance, può valere sia come equilibrio che come bilancio, entrambi devono pur reggersi su basi stabili anche se, apparentemente, instabili. Lui è Michael Grab e fa dell’equilibrio la sua professione:

Grab nasce in Alberta, Canada, inizia a lavorare sull’equilibrio delle pietre nel 2008. Si trasferisce negli Stati Uniti, in Colorado, a Boulder. Proprio Boulder Creek sarà il luogo, a lui, più caro per la realizzazione delle sue opere precarie e dalla breve vita. Si specializza in questo genere di Land Art per trasmettere pace, interiore, della mente e del corpo, esplicate sia nell’atto di produzione delle opere, sia nell’osservazione delle stesse. L’atmosfera e le variazioni meteo determinano una stabilità troppo precaria per poter essere lasciate alla mercé del tempo, proprio per questa ragione, studia fotografia e impara a ritrarre opere fisiche, trasformandole in opere fotografiche. Immagini uniche e durature nel tempo.

Ecco, questo è lo stesso equilibrio instabile su cui poggia la nostra Terra, su cui si Governa questo mondo colmo di inetti che sovrastano i saggi, proprio come nella citazione di apertura di Anton Cechov. Siamo governati da una bolgia caotica di irresponsabili seduti su poltrone dorate, circondati dalle vestali e idolatrati come divinità, in un Ordine Mondiale privo di equilibrio, dove regna una pomposa ricchezza affiancata dalla più atroce povertà. Per Banksy un bambino mette un fiore in un cannone alla ricerca di quel silenzio sconosciuto ai nati dopo l’inizio del conflitto tra Palestinesi e Israeliani. Per lo Street Artist, più controverso del globo, questa è una questione, davvero, importante. Attraverso i suoi murales prova a esprimere un personale, e totale, disappunto rispetto alla situazione che affligge quest’area del mondo. Compare più volte, sempre senza farsi vedere, anche a Betlemme. In svariate occasioni lascia tracce importanti, riconoscibili e significative. Quella che sto per mostrarvi è, forse, la sua più bella creazione:

Non voglio addentrarmi nelle questioni di politica internazionale perché non sono un politico e non conosco così bene i fatti per potermi esprimere, posso, però, affermare che qualsiasi conflitto sia destabilizzante, non solo per chi lo vive ma, in modo diverso, anche per coloro che vi partecipano, come corollario, come volontari, come sostenitori, come protettori, come angeli custodi alla ricerca di un’unità d’intenti, contro un vero e proprio disarmo culturale, capace solo di dividere, mai di amalgamare. L’equilibrio è fatto da tante cose, sono componenti di cui abbiamo bisogno per vivere, l’equilibrio di un popolo passa, prima di tutto, attraverso il benessere del popolo stesso, inteso come qualità della vita, come lavoro, famiglie, leggi che governano, istituzioni e, di base, si fonda sull’educazione scolastica. A questo punto parrebbe evidente fare, almeno, un piccolo riferimento ai maturandi del 2018 e alle tracce del tema di italiano assegnate a tutti i maggiorenni, maturi, alle prese con l’esame più difficile della vita, dicono. Purtroppo, nessuno spiega ai giovani, in uscita dal liceo, che l’arduo esame di maturità non sarà altro che una lievissima salita rispetto a quanto li aspetterà subito dopo. Qualcuno crescerà con la testa sulle spalle, frequenterà l’università per poi laurearsi e, forse, trovare un lavoro, magari all’estero, fuggendo da questa Italia allo sbaraglio. Altri, la maggioranza, avranno il forte bisogno di prendersi il più classico anno sabbatico, la più grossa cretinata mai inventata dall’uomo moderno. Altri se ne staranno a poltrire sul divano, tanto la mamma lava, cucina, stira e, nelle migliori famiglie, se ne frega delle occupazioni poco decorose del figlio. Questo è un sunto, senza voler entrare nei particolari ma, spero, possa servire ad aprire la mente di qualche eletto, metaforico o reale, al fine di riportare equilibrio proprio dalla base da cui, ognuno di noi, è partito: le scuole elementari. Altrimenti, questo lo chiedo anche a voi, come potrebbe essere possibile sperare che un diciottenne, con i pantaloni calati sotto il livello delle mutande, sia in grado di discernere e produrre un testo, costruito su una profonda riflessione, scegliendo la traccia tra questi titoli? – Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi Contini – I diversi volti della solitudine nell’arte e nella letteratura – La “creatività” è la straordinaria dote squisitamente umana di immaginare; risultato di una formula complessa, frutto del talento e del caso. – Masse e propaganda. – Il dibattito bioetico sulla clonazione. – Il principio dell’eguaglianza formale e sostanziale nella Costituzione. – Non c’è equilibrio, nella scelta di queste tematiche, da parte del Ministero dell’Istruzione, non perché i temi non siano adeguati ai nostri tempi ma perché non credo possa esistere un diciottenne talmente maturo ed informato per potersi esprimere, a riguardo, senza cadere nelle ovvietà più banali e senza risultare più infantile di quello che potrebbe essere parlando di qualcosa a lui più vicino. La scuola non deve umiliare, la scuola deve formare, è la formazione che costruisce l’equilibrio in divenire, quindi futuro, del nostro mondo e di ogni singolo Paese. Non stupiamoci se la maggioranza si sposta all’estero, non stupiamoci di avere un tasso di disoccupazione sempre troppo elevato, non stupiamoci di avere migliaia di ragazzi nullafacenti e che, per giunta, non hanno nemmeno voglia di impegnarsi a fare qualcosa. Siamo costretti a vivere solo grazie alla speranza, la sola cosa positiva uscita, per ultima, dal vaso di Pandora, di cui ho parlato nell’articolo dell’8 Giugno “Il malefico vaso della curiosità umana”. Facciamoci delle domande e diamoci delle risposte che abbiamo un senso produttivo. Tenerci buoni con i Mondiali di Calcio in chiaro non serve a niente, tanto, si sa, ce li stanno regalando solo perché nemmeno la nostra Italia del Pallone ha dimostrato di avere il giusto equilibrio per andare in Russia. Continuiamo a farci delle domande magari, prima o poi, becchiamo la risposta giusta.
“È grave che si consideri la cultura “tempo libero”. Come se le cose serie fossero produrre e
consumare.” (Fabrizio Gifuni)
Arianna Forni