“Arco non è altro che una fortezza causata da due debolezze, imperoché l’arco negli edifizi è composto di 2 parti di circulo, i quali quarti circuli, ciascuno debolissimo per sé, desidera cadere, e opponendosi alla ruina l’uno dell’altro, le due debolezze si convertano in unica fortezza.”
(Leonardo da Vinci)
Leonardo da Vinci, nato ad Anchiano nel 1452 e morto ad Amboise nel 1519, è stato, senza ombra di dubbi, il più grande genio italiano in ambito artistico, pittorico, scientifico e ingegneristico. Una mente dalle capacità soprannaturali, l’emblema dell’innovazione globale di un mondo stantio. Sono passati quasi 500 anni, ormai, e, nonostante tutto, riesce a fare clamore, ancora oggi, soprattutto oggi. Leonardo da Vinci si osserva, si guarda ma non basta mai, servirebbe di più, non un cicerone che ci racconti le date e la storia di quella singola opera, servirebbe conoscere ogni secondo della sua vita, realmente, vissuta e allora, forse, ma solo forse, potremmo avvicinarci, parzialmente, alla sua mente, a quella genialità che ci lascia, tutt’ora, a bocca aperta. A volte viene da dire: “Non può essere vero, non è possibile”, eppure è possibile, eccome se lo è, tutto merito suo, tutto merito di un cervello con un Q.I. superiore alla media, lungimirante, capace di vedere cose che nemmeno noi siamo in grado di guardare. Chi era Leonardo da Vinci? Appare una domanda sciocca ma non lo è, chi era colui che ci ha lasciato tutto questo? Era un genio, sì, certo, ma non basta, era una mente illuminata e un grande studioso, sì, certo, ma non può bastare, aveva qualcosa in più e, noi, purtroppo, non lo sapremo mai. Quello che possiamo fare, però, è avvicinarci alle sue opere, sempre più vicini, per guardare dentro il suo cuore, a quell’anima che ha prodotto oggetti volanti in un’epoca in cui sembrava strano, e tecnologico, anche girare in sella ai cavalli.

Vorrei partire dalla notizia del giorno, qualcosa di importante, di, sufficientemente, culturale per essere menzionata all’interno di questo sito, all’interno del nostro mondo fatto di arte e di sapienza. Un mondo magico, quanto lo è, e lo è stato, lo stesso Leonardo da Vinci. Già il nome incute rispetto, evoca fantasmi e retroscena sconosciuti, anche il suo nome ha qualcosa di meraviglioso. Vorrei sapere tutto di lui, vorrei sapere di più di quanto non possa dire di conoscere, lo studio non basta mai. In ogni caso, sta per nascere qualcosa di importante, finalmente, qualcosa di culturale, di accattivante. A Milano, la culla della cultura, dell’arte, dello spettacolo e dello studio, si terrà una celebrazione, per i 500 anni dalla morte del Maestro Leonardo da Vinci, dalla durata di 9 mesi, a partire da maggio 2019 fino a gennaio 2020. Il percorso storico e iconografico avrà come luogo di partenza, e fulcro di tutta la manifestazione, il Castello Sforzesco, quasi a simboleggiare, metaforicamente, un rituale di conservazione e mantenimento, vivo, di questo grande artista, studioso, ingegnere, scienziato e letterato di un tempo passato, ancora in vita nel cuore di tutti i ben pensanti. Grazie a questa grande occasione, riaprirà la Sala delle Asse, in cui è conservato il “Monocromo”, affresco di Leonardo che ricopre l’intera sala, con motivi floreali, con frutti, radici e rocce, appena restaurato e, quindi, tornato a nuovo immenso splendore. Il nome Sala delle Asse dovrebbe prendere il nome dalle assi di legno che, presumibilmente, sostenevano la stessa sala nel periodo in cui Leonardo era alle prese con i lavori. L’occasione è perfetta per riportare alla luce questo spettacolo, sarà meraviglioso, per il pubblico e per gli studiosi. Sarà meraviglioso perché, finalmente avremo qualcosa di nuovo di cui parlare, qualcosa che in pochissimi conoscono, qualcosa che, spesso, non si studia nemmeno sui libri universitari, qualcosa che solo pochi, rari, eletti hanno avuto la fortuna di vedere almeno una volta nella vita. Questa è una chance da non perdere.

La Milano di Leonardo si presenterà come un percorso virtuale unico nel suo genere e curato nei minimi dettagli, avrà come punto di inizio la Sala delle Armi, sempre all’interno del Castello Sforzesco. Il percorso multimediale vuole ricostruire la sua vita, le sue opere, dando, principalmente, una linea temporale di evoluzione stilistica e di pensiero, in modo da connotare ogni passaggio generazionale utile a contraddistinguere tutti i suoi studi. Avremo zone dedicate ai bozzetti, agli studi scientifici, umani, legati al movimento degli animali, dei cavalli, fino al percorso più strettamente legato al mondo pittorico ma, non per questo, meno importante. Leonardo da Vinci è tutto, l’insieme delle sue opere denota l’importanza del suo nome, della sua firma, dell’apporto, inequivocabile, per l’avanzamento tecnologico di tutto il mondo moderno, quello che conosciamo oggi e di cui andiamo tanto fieri. Lui è l’ideatore, lui ha saputo guardarci negli occhi, 500 anni più avanti del suo stesso tempo. Questa è magia, questa è arte.

Celebrato, idolatrato quasi fosse diventato divino, o magari proprio perché ritenuto divino, magari le sue mani erano davvero governate da qualcosa di religioso, di psicologicamente connesso e correlato all’Aldilà, se fosse così, beh, sarebbe più facile da intuire come sia stato possibile mettere in opera certe produzioni, una mano umana non può avere un tocco così divino. La retorica non fa per me, “Gioconda” anche detta “Mona Lisa” la conosciamo tutti quindi non ve la mostro, l’hanno talmente tanto inflazionata da averle tolto persino il sorriso tenue, l’hanno resa brand di sé stessa, la trovo una cosa atroce, soprattutto nel rispetto dello stesso Leonardo da Vinci. Non che sia molto diverso nei confronti della “Dama con l’ermellino” ma, forse, ci si è un filino limitati nello stereotipo e, almeno, non ho ancora visto toppe sui pantaloni con la sua effigie:

Io trovo che sia da lacrime, se proprio non riuscite a commuovervi almeno osservate quella mano delicata appoggiata all’ermellino, guardata la finezza nel dipingere il pelo dell’animale, la posizione fluida e naturale del corpo di un essere non, proprio, così conosciuto. Appare nella sua più grande espressione di perfezione istintiva, emotiva. La ragazza è un appoggio per l’ermellino, è l’oggetto sul quale lui si adagia, comodamente. L’ermellino è il fulcro del quadro, contornato dalla mano della dama, avvolta da un abito importante ma non troppo perché la bellezza, della dama stessa, non avrebbe, mai, dovuto oscurare la bellezza dell’animale. Questo è la “Dama con l’ermellino”, non il contrario. Non è la ragazza a farsi bella grazie a quel grazioso animaletto che tiene fra le braccia, no, è il contrario, basterebbe guardare attentamente per rendersene conto, tant’è vero che lo sguardo di lei è rivolto verso non si sa bene dove, lo sguardo del bianco ermellino è rivolto fuori dalla tela, lui ci guarda e noi guardiamo lui. Non fa una piega, i quadri, però, andrebbero saputi leggere prima di lanciarsi alla stregua delle guide turistiche, munite di appunti, tablet e, perché no, intere enciclopedie, tanto per evitare figuracce davanti al proprio pubblico. Non dimentichiamoci che chi si interessa di arte può essere, sì, un curioso, ma potrebbe anche essere Vittorio Sgarbi camuffato. Capre.
Non posso e non voglio mostrarvi tutte le opere di Leonardo da Vinci ma ce n’è una a cui sono, profondamente, legata, “La vergine delle rocce”:

“La Vergine delle rocce” esiste in due versioni, la prima conservata al Museo del Louvre di Parigi, la seconda, invece, alla National Gallery di Londra; è inaudita per la potenza che riesce a trasmettere, anche solo attraverso una semplice fotografia. L’iconografia di ques’opera ha subito svariate polemiche, chi l’ha considerata eretica, chi le ha dato un valore religioso superiore, chi, invece, l’ha semplicemente considerata un capolavoro. La caverna simboleggia l’utero materno, il senso di maternità profonda di qualsiasi donna, della Vergine, in questo caso, la roccia determina la strada che Cristo dovrà percorrere in questo mondo, attraverso i suoi pericoli ma seguito da una fonte pura, qui rappresentata dall’acqua che scorre. L’altro bambino è Giovanni Battista, sorretto dall’Angelo che lo aiuta ad indicare Gesù, quelle sue due dita alzate sono il simbolo dell’unicità del Bambino Gesù e di ciò che sarà per noi, uomini mortali, per noi ancora privi di conoscenza, di amore, di rispetto, di educazione e, soprattutto, di compartecipazione. La scena non è ridente, non deve esserlo, è racchiusa in una raccolta spirituale molto potente che sta ad indicare l’inizio di un percorso che, tutt’oggi, non ha avuto il suo compimento definitivo. Chi guarda questo quadro, chi osserva, davvero, l’opera dipinta da Leonardo da Vinci, dovrebbe porsi delle domande sulla sua esistenza, su chi sia veramente, su chi desideri essere. Leonardo lancia delle domande, racconta delle storie, come tutti gli artisti, lui, però, vuole colpire il cuore, il profondo dell’anima, sarà per questo che fu giudicata una tela eretica, forse aveva colpito il cuore, anche, di chi reggeva i giochi religiosi di quei tempi bui, oscuri, impreparati a guardare avanti.
Noi: siamo pronti? Non ho risposta a questa domanda e non pretendo di averla, lo chiedo a voi, ad ognuno di voi e spero che ciascuno sappia darsi una risposta personale. Per progredire bisogna sapersi, anche, guardare indietro, solo così potremo, finalmente, andare avanti, consapevoli e sicuri.
Intanto, per quanto mi riguarda, aspetto che la celebrazione di Leonardo da Vinci abbia inizio. 500 anni di storia, 500 anni di gloria, la sua.
“Il pittore è padrone di tutte le cose che possono cadere in pensiero all’uomo, perciocché s’egli ha desiderio di vedere bellezze che lo innamorino, egli è signore di generarle.”
(Leonardo da Vinci, “Trattato sulla Pittura”)
Arianna Forni