“Jack Sparrow : Dovunque vorremo andare andremo, una nave è questo in realtà. Non è solo una chiglia, con uno scafo e un ponte o delle vele, sì, la nave è fatta così, ma ciò che una nave è… ciò che la Perla Nera è in realtà… è libertà.”
(“La maledizione della Prima Luna”, Walt Disney Pictures, 2003)
Affascinati dal male, abbagliati dalla vita spericolata di qualche eroe del cinema, resi ciechi da una luce scenica, non reale, virtuale, fasulla ma che evoca, in noi, sensazioni forti, positive e negative, contemporaneamente. Siamo forti, siamo degli eroi, sì, anche noi. Noi che ci alziamo presto alla mattina, prendiamo la nostra auto e andiamo a timbrare il cartellino o a correre dietro ai nostri sogni. Siamo degli eroi perché sappiamo dove vorremmo arrivare, perché abbiamo la caparbietà di non desistere, perché siamo forti nello spirito, perché la nostra meta ci è ben visibile eppure così lontana. Non ci riusciamo mai, siamo vicini e poi, un attimo dopo, siamo di nuovo lontanissimi, la vediamo bene, la meta, ma non riusciamo a prenderla. Non si molla, si tiene duro, si resiste, ci si fa demolire dalla stanchezza, si crolla a terra, ci si sbucciano le ginocchia, come dei bambini alle prime armi, ma ci si rialza, più forti, più saggi, più abituati a cadere. Ci si scrolla la terra da dosso, ci si pulisce la faccia dal fango, siamo Pirati, più Pirati che mai. Non è, poi, così strano che i film di oggi vertano tutti su concetti, pressoché, simili, se non sono Pirati, sono ladri di automobili trasformati in gangster internazionali, sopportati e supportati da agenti governativi, CIA, FBI, KGB, al fine di sventare colpi micidiali alla “distruzione del mondo”. Chi osserva parteggia sempre per il cattivo, per il Pirata della situazione, per il delinquente, quello che tiene le armi in mano, che scherza, che fa il duro ma che, alla fine dei conti, ha dei sentimenti, veri, sinceri, sta lottando e noi ci sentiamo al suo fianco. Si sta dalla parte di chi soffre di più, non importa che sia il ladro, il truffatore o, appunto, il Pirata, l’importante è che abbia un pathos introspettivo privo di qualsiasi dubbio. L’eroe deve essere carismatico e fedele a sé stesso, deve essere credibile. Infatti, se ci fate caso, sono sempre i personaggi principali a reggere, sé stessi e la trama, dal primo episodio all’ultimo, gli altri, anche quelli di notevole importanza sebbene secondaria, quindi rilevanti sul piano del soggetto in svolgimento, continuano a cambiare comportamento, aspetto, aspettative, parole, pensieri, mutano a seconda delle necessità di sopravvivenza. L’eroe è integerrimo, tutti gli altri sono vittime di manipolazione, proprio come noi. Chi guarda i film lo fa per svagarsi, quando la mente si svaga abbassa le proprie difese, si apre all’assorbimento di nuove nozioni, le quali, non necessariamente, sono, o possono essere, positive per la nostra vita. I film, dei giorni nostri, sono, in prevalenza, schierati in tre categorie, ben distinte tra loro: i film d’azione, fantastici e irreali, i film di guerra, del tutto realistici e verosimili, infine, i film d’amore, i così detti filmetti leggeri di cui conosciamo, praticamente, dalla prima battuta all’ultima, nessun colpo di scena, trama scontata, pathos zero. In mezzo esistono altri sporadici generi, inutili da inserire in questo contesto. Sebbene esista ancora qualcosa di davvero buono appare, come un fantasma, altrettanta certezza: il marketing, si pubblicizza solo ciò che piace al pubblico, i film per cui si fa la coda davanti ai cinema, quelli per cui ci si strappa i capelli, i più attesi. Per tutti gli altri la sorte è ben diversa, vengono buttati nel mezzo a fare numero, talvolta raggiungono dei buoni numeri, in altre occasioni cadono nel dimenticatoio. Sono una fan accanita di Jack Sparrow, non credo di essere l’unica, ma so distinguere cosa è bene e cosa è male. Una volta usciti da una proiezione di uno di questi, apocalittici, sequel ci si sente padroni della Perla Nera, in mezzo ad un mare in tempesta, alla ricerca dell’isola di Tortuga per racimolare qualche membro dell’equipaggio e salpare “alla via così” verso un tesoro non ben definito, seguendo le indicazioni di una bussola, impazzita, che solo il Capitan Jack Sparrow è in grado di leggere. Beh, siamo degli eroi anche noi, a questo punto non ci resta che tentare. Siamo come lui, come la sua ciurma, siamo un branco di bucanieri, alcuni ammutinati, altri fedeli al codice, sì, quel codice, quello dei Pirati.
“Elizabeth: Dovete riportarmi a terra! secondo il codice…
Barbossa: Primo: riportarvi a terra non faceva parte del negoziato né del nostro patto: non devo far nulla. E secondo: dovete essere un pirata affinché il codice valga, e non lo siete. E terzo: il codice è più che altro una sorta di traccia che un vero regolamento… Benvenuta a bordo della Perla Nera, Miss Turner.”
Già, è una traccia, non un vero regolamento. D’altra parte se pensiamo al nostro, di codice, sappiamo bene quanto sia, in realtà, molto interpretabile e, nonostante la legge sia uguale per tutti, abbia un non so che di adattabile a seconda dei vari cognomi degli imputati, ma, anche questo, è un discorso a parte. Eppure, Barbossa ha lanciato un messaggio, nemmeno troppo velato, qualcuno abbocca, gli altri fingono di non abboccare e qualcuno, ancora, è proprio sordo. Le parole, ogni parola, hanno un ben preciso significato, basterebbe ascoltare, capire, leggere fra le righe, se lo facessimo tutti vivremmo in un mondo di edotti, sarebbe troppo anche per noi.
Il problema sta proprio in questo, nel tentare di capire, nell’interpretare a modo nostro. La vita non è sulla Perla Nera purtroppo, anche se il fascino del male, del borderline, del bello e dannato, ci viene propinata tutti i giorni, ovunque, persino nelle pubblicità:


Mah, è uno dei pochi commenti che non riesco a fare, preferisco continuare a parlare di film e di Pirati, dei Caraibi magari, almeno quelli fanno ridere e, tendenzialmente, non fanno del male a nessuno, non ne hanno mai fatto, fino ad ora. Vorrei, per un secondo mettermi nei panni di Sir Philip Green mentre guarda negli occhi la figlia Chloe Green, francamente? Preferirei sotterrarmi, con molta probabilità, il pover’uomo, la pensa proprio come me. Forse potrebbe sovvenirgli questa battuta de “La maledizione della Prima Luna”:
“Verrà il giorno che ogni uomo che naviga sotto una bandiera pirata o è stato marchiato come tale, avrà ciò che merita: poca corda e caduta sorda!”
(“La maledizione della Prima Luna”, Walt Disney Pictures, 2003)

Ci sono cose per le quali non avremo mai una risposta, altre per cui dovremo studiare molto prima di sapere come e perché rispondere, poi, ci sono quei quesiti che vogliamo evitare di sana pianta pur conoscendo la verità, ci fa troppa paura, non vogliamo affrontarla. Nel frattempo guardiamo avanti, consapevoli di voler restare integerrimi. Ognuno è ciò che è, basta. Non facciamoci portare via niente di ciò che appartiene al nostro intimo, sarebbe un furto, molto più grave di una rapina:
“Avete rubato il mio me e sono venuto qui per riprendermelo!”
(Jack, “Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del Mare”, Walt Disney Pictures, 2011)
Bisogna sapere fino a dove spingersi e qual è la nostra arte migliore, quella da sfoderare nell’occasione giusta, quella per cui non arrendersi mai, quella su cui contare nei momenti di sconforto, altrettanto, nei momenti di gloria. Ognuno di noi ha una sua vena primordiale, nasce con una vocazione, qualcuno la scopre fin dalla prima infanzia, per altri ci vuole più tempo, altri, ancora, saranno talmente pigri da non avere né voglia né interesse, verso il mondo, verso sé stessi. Ogni uomo è diverso, ognuno ha le sue caratteristiche ma solo i forti sapranno vincere, raggiungere la meta o resistere anche senza vedere mai la fine del loro, impervio, cammino. Ecco, i Pirati, quelli veri, quelli moderni, quelli sinceri, quelli reali, quelli che ogni giorno affrontano la vita e guardano in faccia alla realtà, sono i migliori, non hanno niente da nascondere. I film sono uno svago, è bello sentirsi Jack Sparrow, è bello pensare di essere come Xander Cage:

o Dominic Toretto:

Loro sono eroi, ognuno nel suo contesto, sono inseriti in situazioni troppo lontano dalla realtà per spaventarci, anzi, ci gasiamo, ci appassioniamo e ci leghiamo a quel senso di famiglia, presente fin dal primo film della saga, è tutto scritto e costruito per farci vivere l’avventura e spingerci verso l’attesa di un nuovo film.
Non vale lo stesso per “American Sniper”, realistico, spettacolare, fin troppo, beh, ecco, noi siamo dei Pirati, al massimo corriamo in automobile ma, no, cecchini, no:
Da queste cose, sebbene affascinati, scappiamo a gambe levate, la morte e la guerra, quella vera, fanno paura a tutti:

“Meglio essere un pirata che arruolarsi in marina.”
(Steve Jobs)
In questo senso le parole di Steve Jobs calzano a pennello. Concordo: meglio essere Jack Sparrow che andare in Guerra, a morire, a soffrire, perché poi? L’origine dei film fa parte dell’arte, quella di dare al pubblico ciò di cui ha bisogno. Attualmente viviamo in un mondo difficile, abbiamo bisogno di vedere le nostre situazioni difficili con soluzioni semplici. Il vento non smetterà mai di soffiare, basterà scegliere la vela giusta e, anche noi, raggiungeremo Tortunga alla ricerca di alleati, magari fedeli, degli ammutinati, beh, ce ne facciamo ben poco.
Arianna Forni