“È bello qualcosa che, se fosse nostro, ci rallegrerebbe, ma che rimane tale anche se appartiene a qualcun altro.”
(Umberto Eco, “Storia della Bellezza”, 2004)
Il bello è bello, la bellezza è bellezza, si può far finta di esserne indifferenti, si può ritenere bello qualcosa che per molti non lo è ma, resta un fatto, ciò che appare bello resta bello. Vuoi sfuggirne? Puoi, la bellezza fugge, scappa e si nasconde, eppure, resta, per sempre. Non si dimentica, rimane dentro di noi. Ognuno ha i suoi parametri, i suoi canoni ma quella che, per noi, sarà bellezza, per brutta che sia agli occhi degli altri, resterà sempre bella. Vederla, scovarla, riconoscerla, rappresentarla, è un’arte, la bellezza non ha paradigmi logici, non la si studia sui libri, si può solo osservarla ed è solo il nostro sentimento, le nostre umane sensazioni a dirci cosa, per noi, sia bello, davvero. Coloro che riescono ad immortalare una bellezza univoca sono gli artisti, loro riescono a trovare quell’attimo, infinitesimale, bello su di un piano oggettivo, bello, senza se e senza ma, punto. Artisti di ogni arte, artisti caparbi e pazienti, per trovare la bellezza bisogna aspettare, anche tutta la vita, a volte meno, è una questione di fortuna, tanto quanto vincere alla lotteria, tanto quanto trovare l’ago nel pagliaio. La gente cerca e continuerà a cercare. La bellezza diventa superba in seguito a questo lungo processo di analisi, resta bella, sebbene sfiorisca, siamo noi a renderla tale e, per noi, non cambierà, mai. Anche le rose, prima o poi, perdono i petali, ma questo non toglie loro l’attributo di essere rose, sinonimo di bellezza, belle sbocciate, belle sfiorite. La bellezza cambia, si evolve nel tempo, cambiano i metri di paragone, cambiano le mode, cambiano i gusti, si modifica l’estetica moderna dando, alla bellezza, ciò che afferma Platone:
“La bellezza è mescolare in giuste proporzioni il finito e l’infinito.”
(Platone)
Proprio Platone è l’artefice di una codificazione estetica, filosofica, che racchiude bello, vero e bene. Fino al 700, circa, la filosofia si basava su questi pilastri, fondamentali, e inscindibili, solo più avanti si decise di affiancare, alla teoria estetica, anche il brutto, come confronto, come analisi della reazione umana. I Greci e i Romani avevano una visione ancora più aperta, rispetto alla nostra, identificando il bello, e la bellezza, non solo come rappresentazione fisica di un oggetto, detta simmetria, non solo nella rappresentazione udibile di un suono, detta armonia, ma all’interno del pensiero. Un pensiero bello è un pensiero buono, un pensiero vero, un pensiero che porterà bellezza, verità e bontà nel mondo circostante, questa è estetica, la vista passa in secondo piano lasciando spazio alle sensazioni. Durante il XVIII secolo le carte iniziarono a mescolarsi a causa di forti influssi legati alle nuove correnti: l’empirismo filosofico, l’Illuminismo e il Romanticismo. Direi che la teoria empirica è stata la prima catastrofe in campo estetico, ponendo l’uomo al centro di un contesto legato, principalmente, alla propria esperienza, ai propri studi, alla propria vita privata e a tutti quegli influssi esterni che possano, in qualche modo, condizionarne le scelte. La teoria nasce in Inghilterra ma ci metterà pochissimo ad insinuarsi nel resto d’Europa. Legare le sensazioni incontrollabili e psicologiche alla conoscenza pratica e scientifica, secondo un ragionamento a posteriori esclude la possibilità di scegliere, a mente libera, cosa sia bello, per noi, e cosa, invece, non lo sia. Il meccanismo è infernale, distrugge la possibilità di affidarsi all’istinto, predilige una razionalità disumana, esclude una scelta secondo un ragionamento a priori, tipico della filosofia di Cartesio. Insomma, l’empirismo annienta l’impulso naturale, frena il coraggio e rallenta la capacità decisionale, predispone uno studio logico e pragmatico, unico metodo per decidere dove andare e come andarci. Sulla base dell’empirismo nasce la bellezza matematica:

Alcuni matematici, infatti, trovano bello, anche sul piano estetico, tutto quello che riguarda i numeri, lo studio scientifico delle forme geometriche e la formulazione dei teoremi e delle teorie. Per gli artisti può sembrare strano, improponibile, assurdo, tutto sommato non è così astruso, come concetto, d’altra parte, anche la prospettiva si lega alla geometria, è un po’ come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina, non esiste risposta, eppure ci poniamo la domanda. Per i matematici, la matematica è madre di tutte le arti e, per questo, porta con sé una bellezza senza paragone: bella per essere bella, bella nei risultati, detti, profondi, che legano due aree settoriali, a prima vista, distanti tra loro, bella perché rappresenta, su carta, l’intelligenza dell’uomo che ne ha provato la veridicità. Certo è che, se non si ha feeling con i numeri, la questione diventa ostica, si perde la bellezza e, spesso, anche la calma. Per quanto riguarda, invece, un’altra bellezza scientifica, bella anche agli occhi dei neofiti, bisogna spostarsi nell’ambito dell’arte astronomica:

Bella è bella, anche per chi non ne capisce nulla, anche per chi neutroni, neutrini, atomi, buchi neri, novae, supernovae, perturbazioni gravitazionali, protostelle, pulsar, quasar e lampi gamma non sono altro che belle parole da film fantascientifici senza nessun legame con la realtà. In questo caso, entrano in campo, non solo le teorie artistiche astronomiche, anche gli effetti visivi, le immagini galattiche, le domande esistenziali e la ricerca di quella conoscenza superiore che ci attrae fin da bambini. Le stelle sono una bellezza per eccellenza, sono fonte di orientamento, sono romantiche, sono vere, concrete e impalpabili, allo stesso tempo, vediamo, oggi, la luce di secoli fa. Guardare un cielo, limpido, stellato è un po’ come viaggiare nel tempo e vivere in mezzo ai dinosauri, rivivere la nostra storia. Sfioriscono, implodono, anche le stelle, ma nessuno potrà mai togliere, escludere o criticare la loro forte, ed effettiva, bellezza. Poi, beh, si torna, all’arte pittorica, magari fotografica, perché no? Si torna all’arte più riconosciuta, quella vera, quella antica, oppure moderna, quella che non lascia scampo perché è tangibile, è visibile, è comprensibile anche a chi non ne capisce niente. La fotografia di Audrey Hepburn, opera di Cecil Beaton, in apertura, è bella e sarà bella per sempre, come questa:

Come sarà, per sempre, bella “La belle Ferronnière”, di Leonardo da Vinci, dipinta tra il 1490 e il 1495:

Una dama su un parapetto, forse un teatro, un mezzobusto con doppia torsione, il busto è voltato a destra mentre la testa si volge a sinistra, laddove punta anche lo sguardo, interno all’opera, come se stesse scrutando qualcosa poco distante da lei. Lo studio dei colori di Leonardo è qualcosa che rasenta la magia, quel rosso intenso dell’abito, misto ad un arancione, giallo brillante servono ad illuminarle il viso e gli occhi. La carnagione chiara aiuta a creare questo effetto di lucentezza viva e vivida, donando regalità, eleganza e impostazione raffinata a quella dama, sola in un ambiente, probabilmente, gremito di persone. Appare bella, lo sarà sempre, nella sua ferronnière, nient’altro che la catenella con pietra, indossata sulla fronte, una moda dell’epoca, una moda dell’alta società. Per anni si è confusa la traduzione di ferronnière con moglie di un commerciante di ferramenta, nonostante fosse improbabile che, cotale eleganza, appartenesse a quei bassi livelli di ricchezza. Leonardo è l’emblema della rappresentazione di bellezza, le sue opere non sfioriscono, restano, restano belle, sempre.
La bellezza, per poter essere riconosciuta, deve colpire i nostri cinque sensi, deve farci venire i brividi, deve suggestionare la nostra psiche, deve creare desiderio e pacato rispetto reverenziale, deve suscitare, in noi, piacere. Guardare e non toccare, è una cosa da imparare, dicevano i nostri nonni, è vero. Ciò che è bello attrae a tal punto da ricercare un contatto fisico per appropriarsi di quella bellezza, sperando che ci arrivi l’influsso, sperando possa illuminarci l’anima, il volto, lo spirito, il fisico e la psiche, tutto. Pensandoci bene, però, la bellezza va molto oltre l’estetica, va molto oltre la sensazione fisica, va oltre, anche, l’elogio, oltre la poesia. La bellezza di una donna, di un uomo, beh, quella sfiorisce, sì, è il corso della vita, ma sono gli occhi di chi guarda a rendere quell’individuo sempre bello, come nella sua gioventù, come nel corso dei suoi anni migliori. Si chiama amore e partecipazione, chi ama, chi sa amare, amerà sempre, l’oggetto del suo amore sarà sempre la bellezza, eterna, di quel piccolo mondo per cui ha vissuto, per cui ha fatto la sua scelta, vera, bella, sincera.
“La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza.”
(Albert Camus, “L’uomo in rivolta”, 1951)
La rivoluzione può nascere, esclusivamente, dal senso estetico di bellezza perché, anche solo, la comprensione del suo intrinseco significato è già una rivoluzione. La scelta di amare, la scelta di condividere e di rimanere, per sempre, è sinonimo di bellezza, di lealtà, di bontà. Bene: questa è la bellezza di oggi, rara e dalla forza immensa. In questo è possibile vedere ciò che fugge, tuttavia, resta.
Arianna Forni

Accidenti, che splendido post! Grazie. Di solito commento più profusamente ma sono via. Non amo digitare al cellulare.
Ciao
Giovanni
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