“Conosco molti furfanti che non fanno i moralisti, ma non conosco nessun moralista che non sia un furfante.”

(Indro Montanelli)

Indro Montanelli negli anni settanta. - da Wikipedia
Indro Montanelli negli anni settanta. – da Wikipedia

La morale si identifica con dei valori, personali, secondo i quali ogni individuo, inserito nel suo contesto collettivo, sceglie di fare o non fare determinate scelte, tenere o non tenere determinati atteggiamenti. La morale dovrebbe prevedere un inserimento delicato nel mezzo di una società in cui il libero arbitrio convive con il rispetto reciproco e l’obbligo di restare vincolati a leggi predeterminate, le quali, a loro volta, subiscono variazioni in base a cavilli interpretativi, ancora una volta, condizionati dalla morale, insita nel giudicante. La cosa si fa complessa ma non più di tanto se si pensa ai valori, ancestrali, che l’umanità dovrebbe aver assimilato lungo il corso del suo cammino temporale. I valori, innanzi tutto: cosa sono i valori? Come è possibile decidere a quali fare affidamento? I valori sono un condizionamento mentale che l’uomo applica a sé stesso nel limite della libertà concessa, o non concessa, dal suo microcosmo e dalla società in cui vive; sono l’emblema, il paradosso ma, altresì, lo specchio, di chi siamo, di chi vogliamo essere. Al giorno d’oggi è difficile restare fermi sui propri valori, è più facile cambiare idea, andare dove porta la corrente, seguire la massa, uniformarsi ai dogmi, ai modi di fare, ai modi di dire. L’individuo saggio e forte, nel temperamento e nell’intelletto, non avrà problemi a restare immutato ma, anche lui, come tutti, dovrà plasmarsi a seconda delle situazioni, in base agli astanti, fortemente manipolato dalla necessità di apparire, ed essere, ciò che più si addice al momento della stessa essenza richiesta.

“Un Paese che non difende i suoi valori con forza è pronto per l’oppressione e la servitù.”

(Roberto Benigni, 17 Febbraio 2011, dal Festival di Sanremo, produzione RAI)

In effetti, siamo un Paese che non sa difendere i propri valori. Accettiamo compromessi inaccettabili, ci poniamo su un piano al ribasso rispetto a ciò che siamo sempre stati e abbiamo sempre dimostrato di essere. Cala la produzione industriale, cala la credibilità politica, cala la cultura, calano gli obiettivi e, a livello internazionale, siamo considerati un popolo allo sbando, proteso verso il disfacimento mentre gli altri galoppano, rapidi, verso un futuro tecnologicamente all’avanguardia. Le menti italiane fuggono all’estero, lo fanno per tener fede ai propri valori, per rimanere sé stessi, per far fruttare i propri studi, per avere dei riconoscimenti meritocratici e non clientelari. Parte tutto dalle scuole, dall’infanzia, dalle famiglie sfasciate, dai ragazzi abbandonati al mondo senza un’adeguata preparazione. Parte tutto dalla politica, dall’atteggiamento negativo che, vari Paesi del mondo, hanno nei nostri confronti. Il riferimento è, chiaramente, alla spiacevolissima parola rivolta a Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e Ministro dell’interno della nostra Repubblica Italiana, da parte del Ministro Lussemburghese. Bisognerebbe conoscere i propri limiti e mantenere saldi quei valori che, soli, possono garantirci il rispetto adeguato e una buona convivenza, partecipativa, all’interno di determinati ambienti. Si torna al discorso della deontologia, altro concetto perso nel tempo, nostro malgrado. Nonostante tutto, siamo un Paese resiliente, resistente, non molliamo anche se vorrebbero metterci al tappeto, in più, aggiungo con rammarico, non è solo l’estero a metterci sui carboni ardenti, lo facciamo da soli, basta che qualcuno assuma delle posizioni di comando perché inizino tutti i suoi problemi, una guerra interna per prendere possesso della poltrona più ambita. Qui si parla di valori, di mantenimento di essi e di costruzione. A demolire, ahimé, si è sempre in tempo ma non dovremmo mai trovarci in questa condizione. Bisogna costruire su basi solide date, come è ovvio che sia, dallo studio e dalla cultura. L’Italia è il Paese della cultura, dell’Arte, dei grandi Poeti, degli scrittori, dei musicisti, abbiamo conservato la nostra storia monumentale ma non siamo stati capaci di conservare quella spirituale. Facciamoci delle domande. Abbiamo ancora uno spiraglio di luce davanti a noi, abbiamo ancora tempo per dimostrare chi siamo e riassestare il nostro stivale, ricucire gli strappi, cambiare le stringhe, lucidare il cuoio e riportare in auge un popolo di inetti, ognuno dovrà metterci del suo, fare uno sforzo, impegnarsi per avere qualcosa da dire, qualcosa di logico da fare, qualche obiettivo chiaro, qualche innovazione che ci aiuti a spingerci verso un divenire positivo, propositivo.

“Non resta altro mezzo per rimettere in onore la politica, si devono come prima cosa impiccare i moralisti.”

(Friedrich Nietzsche)

Bisogna iniziare dalle basi solide che abbiamo: dall’arte e dalla cultura. Ognuno deve farsi forza sui propri pregi, sulle proprie qualità, è inutile cercare di assomigliare a ciò che appare, ai nostri occhi, migliore; bisogna costruire da ciò che si ha, far fruttare la propria cultura. Siamo artisti, bene, sfruttiamo l’arte ma teniamola qui, in Italia, non lasciamo espatriare le nostre bellezze, perse anche quelle ci trasformeremo in un Paese anonimo, inutile, un crocevia per gli sbarchi, clandestini o meno, una zona di passaggio, povera, rovinata, devastata, distrutta e senza speranza. Ma dove vogliamo andare? Mi domando come sia possibile che nessuno veda tutto questo; il problema sono le scuole, gli insegnanti, è l’educazione inesistente, sono le famiglie sfasciate, tutto è concesso, tutto è lecito. Dove sono finiti i valori? Quei valori che ci permetterebbero di restare solidi, saldi, inamovibili, statuari? La situazione è raccapricciante, l’arte potrebbe insegnarci così tante cose ma sono troppo pochi quelli in grado di capire.

Charles Jalabert, 1842, La peste di Tebe
Charles Jalabert, 1842, La peste di Tebe, Edipo e Antigone

Noi, che passeggiamo per le strade come Edipo e Antigone, nel bel mezzo della peste che li affligge, che ci affligge: l’ignoranza, l’incompetenza, la volgarità. Si moriva di peste e si rischia di morire anche oggi, di una peste diversa ma altrettanto dilagante. Facciamo qualcosa, facciamola insieme, un popolo unito è un popolo solido, indistruttibile. Una politica forte, rispettata sul piano internazionale è una politica in grado di parlare con cognizione di causa, mostrando sicurezza, acquisendo un credito, una credibilità che, ora come ora, non abbiamo. Siamo dei burattini gestiti dai burattinai, eppure avremmo le risorse per imporci, per dimostrare di essere ancora validi e valorosi.

“Una delle cose che più amo della letteratura speculativa è il fatto che sia aperta a nuove possibilità, cioè non si limita semplicemente ad accettare dei dati di fatto. Nei normali romanzi […] nulla cambia. Alla fine c’è una sorta di catarsi e anche di indulgenza. Ma non è sufficiente, perché dovremmo invece essere in grado di cambiare il nostro modo di essere, cioè riuscire ad andare al di là di questo genere di cose.”

(Sheri S. Tepper, da Autoritratto)

La conclusione di questo commento può essere solo una citazione di Pier Paolo Pasolini, non c’è bisogno di aggiungere altro:

“Tutto si integra nell’eterno ritorno: ciò lo sanno gli umoristi, i santi e gli innocenti.”

(Pier Paolo Pasolini)

Arianna Forni

Pier Paolo Pasolini - da ArtSpecialDay
Pier Paolo Pasolini – da ArtSpecialDay

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