“Come artista, un uomo non ha altra patria in Europa che Parigi.”

(Friedrich Nietzsche)

Le grandi città di tutto il mondo sono parte integrante della nostra cultura, sono masse ultraterrene, contenitori di differenti modi di vivere, di differenti abitudini, di differenti interpretazioni socio-politiche e intellettuali. Sono culle, viventi, intrise di informazioni, sono una fonte di grande ispirazione. Parigi è magica; è una città, sì, una sola, ma sono tante, tutte insieme, tutte simili ma, altresì, tutte diverse. Bisogna guardare per vedere, bisogna respirare, sentire, vivere la Parigi dei parigini, non quella dei turisti. Va bene la Tour Eiffel, va bene Montmartre, va bene Notre-Dame de Paris, va bene il Sacré-Coeur, ma per conoscere la vera Parigi, la grande ville de l’amour, la ville lumière, bisogna andare oltre, nei sobborghi, nelle vie nascoste dai grandi archi, nelle zone meno frequentate ma più vissute da chi ci vive, ci abita, veramente.

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Parigi – diritti riservati PIC by AF

“Molti vanno a Parigi, ma pochi ci sono stati.”

(Francesco Algarotti, 1712-1765, scrittore e saggista)

Algarotti ha perfettamente ragione, sono in molti ad andare a Parigi, a dire di aver visto la maestosità di questa grande città ma sono in pochi, pochissimi, ad esserci stati veramente; pochi hanno avuto il coraggio di perdersi, lasciarsi trasportare dalla folla, seguire le vie luminose, addentrarsi nelle piccole Chiese gotiche meno conosciute; in pochi hanno saputo ritrovare sé stessi nei meandri più nascosti, nei giardini inaspettati, lungo i perimetri di quei muri tanto puliti da sembrare sporchi, sporchi del sudore di chi li ha fiancheggiati, sporchi di lacrime, sporchi di sorrisi, intrisi di colore, di musica, di quel canto di un soprano eccellente, lì, ad arrotondare chiedendo l’elemosina, sotto un architrave dall’acustica perfetta. Parigi è questa. Parigi è magia, Parigi sono i clochard avvolti dai cartoni, silenziosi, ai margini dell’opulenza, della ricchezza straripante, ai margini delle grandi griffe; se ne stanno lì e osservano, si osservano e sperano di essere visti, eppure i nostri sguardi distolgono l’attenzione, fa male vedere la sofferenza, torniamo ad ascoltare il soprano e, allora sì, ci cascano 10€ dalla tasca. Lei è brava, se li merita. Come se solo la bravura concedesse il lusso di meritarsi qualcosa. Forse è vero, forse no.

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Parigi – Soprano – diritti riservati PIC by AF

Continuiamo a camminare, la strada è lunga e la città enorme. Non si finisce mai di scoprire le sue bellezze, le sue peculiarità, non si finisce di restarne stupiti, attoniti. Arte: c’è arte ovunque, arte nei negozi, arte in mezzo alla strada, c’è silenzio e tanto rumore, c’è “The sound of silence”:

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Parigi – diritti riservati PIC by CP

Poi? Poi passi davanti ad una piccola galleria d’arte dove, di certo, non ti aspetti di trovare Jeff Koons, non te lo aspetti perché non siamo nel suo contesto, non siamo in mezzo ai pomposi portafogli dei grandi collezionisti, non siamo da Christie’s o da Sotheby’s, siamo in mezzo ad una strada, però, siamo a Parigi, non dobbiamo dimenticarcelo. Quel cigno giallo se ne sta lì, quieto, silenzioso, un palloncino colorato di quella serie infinita che ha reso ricco un Brand ambassador di sé stesso più che un vero artista, un Manager che ha fatto fruttare un’idea semplice attraverso il clamore mediatico ed un enorme investimento economico, quintuplicato, se non di più, in pochi anni. Un Jeff Koons, vero, tangibile, posto e proposto in quella vetrina come fosse un oggetto fallico più che un cigno innocente, resta, in ogni modo, un Jeff Koons. Diavolo, lo è davvero:

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Parigi, Balloon “Cigno giallo”, Jeff Koons – diritti riservati PIC by CP

Mi soffermo, guardo, osservo, cerco, ancora una volta, di capire come abbia potuto fare tanta fortuna con dei palloncini e mi convinco di quanto il marketing possa fare miracoli. Si prosegue, si passa oltre, in sottofondo si sente ancora il soprano e i suoi meravigliosi acuti. Entro in una galleria moderna davanti al Museo Pompidou, la fila per entrare è chilometrica, ore ed ore di attesa sotto la pioggia, al freddo. Troppa gente, l’arte va guardata in silenzio, da soli, bisogna avere il tempo di contemplare, di assimilarne il significato senza farsi condizionare dal giudizio degli altri visitatori, spesso ignari di quello che stanno osservando, spesso cultori del “ci sono stato anche io”, senza sapere nemmeno cosa siano andati a vedere. Vale lo stesso per quel Jeff Koons in vetrina, nemmeno fosse la nuova borsetta di Louis Vuitton, chissà in quanti lo hanno riconosciuto, chissà in quanti sanno chi sia davvero quel matto ad essersi incoronato, da solo, l’artista più ricco del mondo. Già, chissà chi? Chissà perché? In quella piccola e nascosta galleria d’arte, la Galerie Marais, trovo dei RICO SAB originali:

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Parigi, Rico Sab, “Blob Wizz”, 1200€ – diritti riservati PIC by CP

Anche in versione ridotta:

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Parigi, Rico Sab, Galerie Marais, 800€/cad – diritti riservati PIC by CP

D’altra parte la POP ART è tornata di moda, come si suole dire: tutto torna; nel frattempo mi rendo consapevole di quanto Andy Warhol si stia rivoltando nella tomba. Nonostante sia molto, troppo, scettica nei confronti delle sue tele rappresentanti la povera Marilyn Monroe, lui è l’artefice di questo filone artistico, gli altri copiano, che piacciano o meno, copiano, punto. Anche se, bisogna dirlo, ahimè, spesso la propria fortuna si fa sulla sfortuna degli altri, come nel caso di Marilyn, come nel caso di Warhol. Triste, cruda e macabra realtà moderna e contemporanea. D’altra parte, oggi, è molto più facile imitare piuttosto che inventare. Cosa ci manca? Ci manca un’identità, ci manca inventiva, ci manca carisma, ci manca credibilità; tutto questo si fonda sulla cultura e sulla professionalità, si fonda sul sudore della fronte, sulle lacrime versate quando tutto sembra andare male, sui sorrisi confortanti di chi crede in noi, sull’entusiasmo di aver raggiunto un primo obiettivo che ci spinga verso il futuro. Non vale solo per Parigi ma, la frase di Leroux, tratta da “Il fantasma dell’Opera” è proprio quello che siamo: un’umanità insoddisfatta che basta a sé stessa, che non ha bisogno di niente, è solo apparenza, il fantasma che vive in noi ha bisogno di tutto e di tutti, basterebbe lasciarlo uscire allo scoperto.

“Non sarà mai un parigino chi non avrà imparato a mettere una maschera di gaiezza sui propri dolori e sulla propria tristezza e una maschera d’indifferenza e di fastidio sulla propria intima gioia. Se sapete che un vostro amico soffre, non cercate di consolarlo, vi dirà che sta bene; ma se gli è accaduto qualche cosa di bello guardatevi dal fargli le felicitazioni; egli troverà la sua buona fortuna così naturale che si meraviglierà che se ne parli.”

(Gaston Leroux, da “Il Fantasma dell’Opera”, 1910)

Arianna Forni

 

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