Sweet dreams (are made of this)
“Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree
I travel the world and the seven seas
Everybody’s looking for something” (Eurythmics, Annie Lennox, 1983)
Le piccole cose possono rendere dolci i sogni, anche il mondo, anche la realtà; le piccole cose sono quelle capaci di spingerti verso la scoperta dei continenti, dei sette mari. In definitiva, stiamo tutti cercando qualcosa, i nostri sogni lo confermano, lo stesso vale per i nostri incubi peggiori. Stai bramando la tua pace interiore, la tua soddisfazione personale, il tuo equilibrio, la tua realizzazione; se dovessi riuscirci, tu, ci riusciremmo tutti, è un sentimento comune in grado di cambiare tutta la società, tutto ciò che siamo. In sostanza: se tutti stessimo bene, fossimo appagati dalla nostra esistenza, la Terra ne gioverebbe, non avremmo il problema dei dissidenti, degli insoddisfatti, dei riottosi, della rabbia senza tregua, senza logica. Qualcuno potrebbe parlare di utopia ma nessuno ci ha mai spiegato cosa sia, e cosa non sia, realmente, utopico. Può essere utopico pensare di poter vivere, la propria unica vita, nel modo migliore possibile? Può essere utopico chiedere di essere riconosciuti per ciò che si vale? Può essere, altrettanto, utopico un mondo in cui i telegiornali parlino solo di belle notizie, curiosità e cultura? Rileggendo queste domande mi rendo conto di quanto sia utopico il solo fatto di domandarselo. Allora mi sovviene un pensiero: ciò che ci hanno raccontato essere irrealizzabile, impossibile, impensabile, forse, non lo è, si tratta del clichè entro il quale “qualcuno” ha deciso di farci vivere. A questo punto credo sia, ulteriormente, stupido porsi di fronte all’utopia, pensare che esista, convincersi che non ci sia un limite alla perfezione. Siamo umani, abbiamo reazioni, spesso scomposte, siamo gli stessi umani ad aver bisogno di Utopia. Basta volerlo, basterebbe separare chi se lo merita da chi non se lo merita. Difficile da stabilire. Ognuno ha le sue preferenze, i suoi pensieri, le sue convinzioni; tu sceglieresti un’utopia diversa dalla mia, se dovesse essere la stessa potremmo incontrarci presto.
“Una carta del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degna nemmeno di uno sguardo perché non contempla il solo Paese al quale l’Umanità approda di continuo. E quando vi getta l’àncora la vedetta scorge un Paese migliore e l’Umanità di nuovo fa vela. Il progresso altro non è che il farsi storia delle utopie.” (Oscar Wilde)

“Some of them want to use you
Some of them want to get used by you
Some of them want to abuse you
Some of them want to be abused” (Eurythmics, Annie Lennox, 1983)
Non soffermiamoci sulle parole del testo lasciando trasparire solo il senso di frivolezza, concentriamoci sul significato dei termini e trasportiamoli a Utopia, rendiamoli reali e non “mentali”, rendiamoli sentimenti e non “atti impuri”, ci renderemo, presto, conto di quanto sia lo specchio della società contemporanea, delle imprese, del clientelismo, del do ut des, degli interessi personali. Siamo davvero messi male. Troppe persone, povere di spirito, povere di argomentazioni, prive di competenze, prive di sentimenti, hanno innescato questo meccanismo. Troverai sempre qualcuno con il desiderio di usarti, di essere usato da te con lo scopo di ottenere qualcosa; lo stesso, purtroppo, vale per l’abuso, non solo fisico, anche intellettuale. Non mi addentrerò nel meccanismo che lega queste parole alla violenza carnale, spero che nessuno di voi (capace di leggere e quindi superiore per antonomasia) abbia mai collegato Sweet Dreams a qualcosa di questo genere, non voglio parlarne, voglio far finta che non esista, non dovrebbe esistere in una società civile. Pensate al resto, pensate alla difficoltà nel trovare un lavoro, pensate a quanto sia difficile esprimere un’opinione; non crogioliamoci nella nostra quotidianità legata al Covid, pensiamo in generale, con orizzonti aperti. Guarda, cosa vedi? Buio.

Nonostante il concetto spaziale di Lucio Fontana vertesse sulla capacità di andare oltre la tela, oltre l’immagine e oltre l’immaginazione, ci troviamo di fronte ad una spazialità contraria. La tela bianca ci illumina, ci dà sicurezza, vediamo dove stiamo andando, vediamo in cosa potremmo inciampare. Quei tagli, netti e continui, rompono il candore, della beatitudine del bianco, somma di tutti i colori, somma di tutti i nostri sentimenti. Veniamo attratti dall’oscurità dietro il taglio. Ci perdiamo, i nostri occhi sembrano dimenticarsi della libertà precedente, si lasciano incatenare dall’inatteso. Così: solo buio, lo stesso buio capace di avvolgerti durante ogni negatività della vita. Sgomento, non paura, non sottomissione, solo frustrazione nell’accorgersi di quanto la propria luce non possa illuminare il buio in cui ci vogliono far cadere. Alt. Torniamo indietro, fermiamoci: noi non siamo nel buio, vediamo benissimo, noi non siamo oscuri, siamo luminosissimi e allora sfruttiamo quella luce per accecare chi ci vuole tarpare le ali, chi cerca di distruggere la nostra libertà, chi vorrebbe farci cadere dentro quel taglio nella tela per lasciarci avvolgere da un buio invincibile. Siamo più forti noi, abbiamo tanti sogni dolci ad accompagnare le nostre giornate, abbiamo tanti desideri, altrettanto dolci, e sono proprio quei desideri, se trasformati in realtà, che torneranno ad illuminare il nostro mondo, con le nostre cose, con quelle poche persone capaci di entrare nella nostra Utopia. Dipende su che linea d’onda ti trovi, dipende da quale luce vuoi che ti illumini, “d’immenso”, se il raggio è lo stesso ci incontreremo presto.
Dott.sa Arianna Forni