“Facil ti fu ingannare una donzella
di cui tu signore eri, idolo e nume,
a cui potevi far con tue parole
creder che fosse oscuro e freddo il sole.”
(Canto XXII Orlando Furioso, Ludovico Ariosto)
In ambito religioso, politeista, l’idolo, è un oggetto identificato come mezzo diretto di congiunzione con uno dei propri Déi, una via diretta di comunicazione con il mondo oltre il terreno. Diventa emblema, unico e irripetibile, di potenza, forza e virtù. Il concetto viene meno, per ovvie ragioni, nelle religioni monoteiste in cui nulla può assurgersi a emblema del proprio Dio, onnipotente e onnipresente nei Cieli e sulla Terra. Un idolo religioso va conservato con una cura ossessiva proprio perché ritenuto, esso stesso, un Dio, se si rompesse sarebbe come aprire, consapevolmente, il baratro infernale. Nelle religioni monoteiste, come detto e per meglio spiegare questo aspetto, semmai, vi sarà un’icongrafia sacra che rimanderà l’elemento divino a quello terreno evitando, però, di accrescere la sua importanza materiale. Nessun cristiano idolatra un’urna sacra, eventuamente, le porterà il giusto rispetto in base ad una procedura standardizzata di educazione religiosa: l’inchino, il segno dela Croce e così via..
Dopo questa breve storiella, derivante dalla cultura Greca e Latina, passiamo al vero idolo moderno. Preso per assunto che il significato etimologico del termine idolo (dal greco e dal latino) sia: simulacro, figura, forma, aspetto; dobbiamo iniziare a comprendere come sia stato possibile il diretto passaggio da idolo religioso a “idolo delle folle”. Idolo dei followers e, con questo, ideatore di un digital marketing di sé stesso. Partiamo dal presupposto che i tempi siano cambiati e le modalità di vendita, e di azione pubblicitaria, siano drasticamente differenti rispetto al passato. Un tempo era il prodotto a scremare i possibili acquirenti, era la validità, la concretezza e l’utilità del prodotto stesso a trovare i suoi estimatori. Attraverso questo semplice processo di distribuzione l’inventore, o l’ideatore che dir si voglia, acquisiva, popolarità, fama e notorietà che, solo a quel punto, permetteva il lancio di un vero e proprio brand. Oggi, per scremare il più possibile le varie tipologie di marketing, la strada più redditizia è esattamente opposta a quanto appena spiegato. Chiarisco: il brand nasce con un personaggio che, attraverso dei meccanismi di passaparola virtuale, diviene talmente famoso, pur senza averne particolari ragioni, da acquisire milioni di followers. Questo è il momento di lanciare il prodotto. Il genere, l’utilità, la manifattura, sono aspetti secondari rispetto al brand, al personaggio, perchè identificano, per l’appunto, un idolo. Un individuo, inizialmente una nullità, in base a una vorticosa rotazione congiunta e una buona capacità di gestione dei propri social, assurge sé stesso a personaggio famoso, a idolo, rendendosi indispensabile e, magia delle magie, a guadagnare sul suo stesso nome, reso brand da quegli stessi followers che lo seguono assiduamente. Nome, popolarità, followers, creazione di un brand: vendita esponenziale. Questa è l’arte di sapersi proporre, è la strategia di regalare sé stessi per poi vendergli qualcosa di cui non potranno fare a meno. Non serve fare esempi, basta capire il meccanismo virtuale che i social network hanno messo nelle mani dei più svegli. Mentre le aziende chiudono ci sono centinaia e centinaia di “influencer”, di qualsiasi categoria, capaci di guadagnare fino a 50.000€ al mese per non fare assolutamenete nulla se non, riverenza alle loro capacità, giocare con un telefonino e mantenere vivi i contatti con i propri seguaci. “Pubblicizza te stesso e sarai ricco” sempre che tu riesca a non farti sbranare dagli squali, questo è chiaro. Un esempio, però, è doveroso farlo, proprio per sfatare il mito degli squali e idolatrare i nuovi brand e i nuovi eroi del digital marketing. Damien Hirst ha sviluppato un altro meccanismo di marketing strabiliante, con il suo Squalo sotto formaldeide, il cui titolo rende l’opera più importante di ciò possa realmente apparire: “L’impossibilità fisica della morte nella mente di chi vive” (The phisical impossibility of death in the mind of someone living).
Questo squalo, agghiacciante nella sua terrificante forma di predatore predato e, definitivamente, morto, venduto nel 2004 a circa 12 milioni di dollari, lo ha incoronato l’artista più caro al mondo superando, addirittura, Jasper Johns. La fama acquisita ha fatto salire le quotazioni di Hirst alle stelle rendendolo, di per sé, un vero e proprio brand. Di conseguenza, vendendo opere brandizzate da sé stesso, è riuscito a issarsi, da solo, sul piedistallo pubblicitario del suo stesso prodotto. Sembra un meccanismo contorto ma è più semplice di quello che appare. Inizialmente bastava essere belli, ricchi, sbruffoni, eccentrici e un po’ fuori dalle righe per avere un seguito di ragazzini ingolositi più dalla bella vita che dalla persona in sé; oggi, sebbene in alcuni casi sia ancora sufficiente avere la bella macchina e partecipare agli eventi più cool della città, serve, ancora, qualcosa di più sottile. Serve ipnotizzare le masse attorno a un concetto, anche se non ben definito; basta essere capaci di renderlo interessante, appetibile. Normalmente la produzione, del dietro le quinte, di costruzione di un fenomeno social non è molto complessa: facciamo delle belle foto, dei bei video, delle belle instagram stories, troviamo due battute che facciano ridere, se fanno ridere facciamo altri dieci video con altre dieci battute simili, diventiamo virali e il gioco è fatto ma così finisce subito. Non basta. Il contorno di creazione di un buon digital marketing passa dalla cultura del personaggio proposto. Non parlo di lauree o master in materie aerospaziali, parlo di cultura di massa; conoscenza vera e propria degli interessi di quel target di persone a cui ci si vuole rivolgere. Se voglio crearmi dei followers in ambito fitness dovrò parlare di fitness e dimostrare di saperne di più di altri, anzi, dovrò convincere i miei seguaci di essere il migliore in assoluto in quel settore; lo stesso vale per l’arte, la moda, il business e via dicendo. Tu dimostrati il migliore, fallo con classe, stile e naturalezza e otterrai ciò che vuoi ma, punto fondamentale, non devi demordere. Sebbene il meccanismo sembri semplice impone ritmi di lavoro molto serrati, mancare un giorno significa farsi dimenticare. Il digital marketing è un martello pneumatico che accalappia seguaci più per sfinimento che per vero interesse.
Fai una cosa: cerca di essere te stesso e vai avanti così, prima o poi anche tu troverai la tua fetta di seguaci, che crescano a dismisura o meno poco importa, basta che restino, sempre e per sempre, fedeli.
Arianna Forni