“Una volpe affamata, come vide dei grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non ne fu in grado. Allontanandosi però disse fra sé: «Sono acerbi». Così anche alcuni tra gli uomini, che per incapacità non riescono a superare le difficoltà, accusano le circostanze”
(Testo originale di Esopo, in greco antico, La volpe e l’uva”)
Esopo, nato in Grecia nel 620 a.C. e morto nel 564 a.C. è famoso per le sue favole dalla morale pungente, ben introdotte all’interno del mondo umano dell’epoca e, in modo quasi profetico, anche in quello contemporaneo. Fare come la volpe con l’uva si è trasformato in un modo di dire, abbastanza comune, rivolto a tutti coloro che non riuscendo a raggiungere un obiettivo, prefissato da tempo e di apparente necessità vitale, fingono disinteresse, atteggiandosi con superiorità. La tendenza a rinunciare, giustificandosi ai propri occhi, agli occhi del mondo circostante, determina la formulazione di una scusa classica, quanto immatura: “non ne avevo realmente bisogno, posso farne a meno”. Da questo assunto, iniziamo il nostro viaggio, fantastico, nel mondo concreto di Esopo, contestualizzando situazioni antiche a questo nostro oggi, fatto di rinunce, di grappoli d’uva irraggiungibili, per colpa nostra o delle, infide, circostanze che ci circondano. Potrebbe sembrare molto semplice, all’inizio della nostra vita adulta, e/o cognitiva, eleggiamo quali sogni vorremmo perseguire, scegliamo una strada da percorrere, consideriamo pro e contro del cammino verso il quale ci stiamo avviando, studiamo, con spasmodica attenzione, ogni possibile situazione e, poi, partiamo. La convinzione, della nostra mente, è nitida, siamo pronti e ci siamo preparati a dovere, niente potrà fermarci. Abbiamo tutto sotto controllo. Proprio sulla base di questi, statuari, pilastri iniziamo ad inciampare, a dover deviare allungando la strada, a doverci fermare per riprogrammare tutto dall’inizio, asciugando la prima goccia di sudore dalla fronte. Poco male. Desistere non rientra nelle possibilità considerate dal nostro ego, ancora forte e determinato, orgoglioso dei propri piani. I problemi, ahimè, aumentano, le cadute diventano sempre più violente e gli acciacchi si fanno sentire, ancora una volta ci alziamo, ci diamo una bella scrollata dalla polvere, facciamo una doccia rigenerante e ripartiamo. Va fatta una precisazione, il percorso iniziale non ha più ragione, nemmeno, di essere ricordato, abbiamo dovuto cambiare tutto per sopravvivere, trovare una scappatoia, dai lupi mannari, e riprogrammare il nostro viaggio, ancora, convinti di essere talmente certi di quel cammino da non poter incorrere in altri perigli. Ovviamente, ci stiamo sbagliando, di nuovo. La volpe aveva fame, tanta fame, doveva mangiare e ne aveva una forte necessità, quasi immediata. L’uva era parsa una buona soluzione. Rossa, succosa, dolce, non eccessivamente corposa ma nemmeno priva di elementi nutrizionali, sarebbe stata un’ottima sostituta di una buona merenda, prima di ingegnarsi e trovare qualcosa di più sostanzioso. Peccato fosse così in alto da non riuscire a raggiungerla. Saltava, la volpe, prendeva la rincorsa e saltava sempre più in alto, niente, non c’era modo di prendere nemmeno un acino, nemmeno uno. Frustrazione, sfinimento, fame raddoppiata a causa della fatica sprecata, nel tentativo di aggiudicarsi quel premio. Prima di lasciar perdere si sarà seduta, proprio come gli uomini di fronte alle loro difficoltà, avrà pensato, si sarà sforzata, avrebbe dovuto trovare un modo, lei, una volpe, così, proverbialmente, intelligente. No, niente. Continuava ad avere fame ma era troppo bassa e troppo debole per arrivare all’ambito grappolo. Forse qualcuno la stava osservando, iniziava a sentirsi ridicola, non era possibile che una volpe fosse così sciocca e così poco lungimirante da non essere in grado di trovare una soluzione. Doveva cercare di darsi un tono. Il pelo, ormai arruffato dalle numerose cadute, la rendeva ancora più goffa rispetto a quanto non fosse realmente. Una bella pettinata, una lucidata veloce, coda alta, e sguardo di compatimento, tanto, di quell’uva, non ne aveva bisogno, non era nemmeno matura. Ecco la scusa, ecco la prestazione sbagliata, elevata ad un grado superiore proprio grazie all’affermazione, valida quanto una dimostrazione non di incapacità ma di una sua ponderata scelta. Una volpe che incarna, alla perfezione, l’uomo moderno. In questo senso il modo di dire scaltro come una volpe acquisisce credibilità.

Esopo, apparentemente di origine greca, potrebbe, in realtà, secondo fonti dedotte da scritti postumi di altri grandi filosofi, Aristofane, Platone, Senofonte, Aristotele, Plutarco, potrebbe essere arrivato in Grecia, da un paese sub-sahariano, come schiavo. Le sue favole rappresentano personificazioni di animali, era una tipica caratteristica delle storie raccontate nell’Africa di quegli anni, anche questo potrebbe essere un ulteriore suggerimento sulle sue reali origini. Le sue notevoli capacità dialettiche e filosofiche gli regalarono la libertà, grazie anche all’intervento di Aristotele che ne seppe riconoscere e attestare le grandi qualità. Dopo la liberazione visse, in serenità, libero, appunto, di esprimere tutta la sua arte, alla corte di Creso. Visitò Atene, da cui riuscì a trarre grande ispirazione e gli fu possibile concentrarsi, esclusivamente, sui suoi studi sociologici, validi ancora oggi. Commise un solo grave errore, quello di esprimersi in riferimento alla tirannia, esponendo un pensiero contrario, andando contro alle convinzioni di Pisistrato il quale, per frenare l’insorgere del popolo, non era favorevole alla libertà di parola. Poco dopo, si dice, Esopo morì assassinato durante una delle sue orazioni pubbliche, a Delfi.

Il suo scopo, nella vita, era quello di narrare delle favole semplici, al limite dell’infantile, per riuscire ad entrare nell’animo delle persone, aiutandole a comprendere i propri errori e suggerendo una morale in grado di elevare la plebe dal suo stato grottesco, barbaro. Ogni sua storia aveva una base sarcastica, così da poter attirare sempre più seguaci, famelici di conoscere il finale, curiosi di capire quale fosse l’insegnamento, nascosto dietro quelle storielle fanciullesche e bucoliche. Non tutti sono in grado di comprendere e, allo stesso modo, nemmeno a quel tempo lo erano. A Esopo sarebbe bastato avere l’ascolto di alcuni, pochi ma fedeli, che potessero diffondere il suo pensiero, creando un passaparola rapido e determinante. Voleva rendersi utile allo sviluppo della società. Non erano ancora pronti per questo e, forse, non lo siamo nemmeno adesso. La morale ha, nella maggioranza dei casi, una rivelazione catartica per la quale bisogna essere preparati, sia dal punto vista culturale che psicologico. L’uomo tende a fuggire dalla catarsi per non doversi scontrare contro la negatività creata, inconsapevolmente, in prima persona. Risolvere un problema vuol dire mettersi nella condizione di guardare avanti con occhi nuovi e coscienti, con la chiarezza e la lucidità, determinanti, per non commettere, nuovamente, gli stessi errori. Si parla in divenire, ovvero nell’evoluzione di una situazione, e di un pensiero, nel suo prossimo futuro. Non è facile ma è possibile. Quella di Esopo è la stessa Volpe che, in compagnia del Gatto, ha saputo truffare il povero Pinocchio, mettendolo, consapevolmente, in pericolo. Allora, Volpe e intelligenza non dovrebbero essere così congiunte, oppure, è, semplicemente, un modo molto sottile, da leggere con cura tra le righe, in cui non siamo furbi, scaltri e intelligenti come una volpe ma siamo, solo, tremendamente, meschini. Su questo farei un grande ragionamento, metterei una mano sulla coscienza e proverei a ragionare, a ritroso, sul nostro atteggiamento, sul nostro carattere, sulle nostre inutili prevaricazioni, vorrei osservare quel bullismo che sta iniziando ad essere una piaga, un degrado, generale, di questo mondo alla deriva. I telòegiornali ci mostrano omicidi, femminicidi, regolazioni di conti, menefreghismo, una condizione aberrante e obsoleta, in base ai tempi che corrono, di mors tua vita mea. Siamo proprio un popolo di volpi ma, onestamente, tante volte, qualcuno si meriterebbe di guardare il grappolo d’uva matura senza riuscire mai a raggiungerlo; umiliato da sé stesso, forse, inizierebbe a capire. Parlo con massimo raggio di ampiezza, copro tutta la sfera sociale, prestando un briciolo di attenzione in più verso coloro che dovrebbero fare da esempio, positivo, e sono i primi a mostrarci una faccia della medaglia coperta di muffa, se vista da vicino, ma così lucente da abbagliare, se guardata da lontano. Uno spauracchio capace di reggere le fila di una società che avanza nella sua retrocessione morale.
Penso che Esopo fosse l’unico ad aver capito qualcosa, penso che, proprio, da questa favola potrebbe avere inizio la prima campagna elettorale degna di portare questo nome. Peccato, ci vorrebbe almeno il 3% della popolazione in grado di comprendere quale sia il catartico divenire a cui stiamo andando incontro. Volendo, potremmo interrompere la caduta e iniziare a risalire. Ci sarà da fare molta fatica ma ne varrà certamente la pena.
Anche questa è arte.
Arianna Forni
